Il piano anti-Iran pronto il 7 ottobre

Quello del 7 ottobre non è stato uno dei consueti attentati ai quali pur era abituata e preparata la società israeliana

Il piano anti-Iran pronto il 7 ottobre
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Ogni conflitto suscita tanta apprensione e, com'è ovvio, tanto dolore. Quello iniziato nella notte tra giovedì e venerdì scorso tra Israele e Iran presenta certamente gravi motivi di preoccupazione per i possibili sviluppi e le imprevedibili conseguenze. Lasciano intanto molto perplessi talune letture delle motivazioni di questa guerra proposte anche da insigni analisti che hanno ormai del tutto rimosso la data del 7/10/23. Alcuni presentando quella israeliana come una iniziativa disperata per rimediare all'isolamento dopo l'offensiva contro Hamas a Gaza. Altri interpretandola addirittura come un disegno annessionista di Israele. Senza considerare dunque quanto profonda sia stata la ferita inferta dal Pogrom del 7/10 e quanto quella tragedia, per sua natura e proporzioni, abbia cambiato lo scenario. Quello del 7 ottobre infatti non è stato uno dei consueti attentati ai quali pur era abituata e preparata la società israeliana.

L'obiettivo di distruggere Israele e gli ebrei, ragione fondante del regime teocratico iraniano, è stato perseguito in questi anni con intensità finanziando le organizzazioni che dai vari fronti hanno costantemente minacciato e attaccato Israele. La criminale aggressione del 7/10, autorizzata dall'Iran, ha indiscutibilmente rappresentato un drammatico salto di qualità.

Il combinato disposto di questo nuovo livello dell'attacco e la determinazione registrata nel proseguire con i programmi di arricchimento dell'uranio sino al suo potenziale uso militare, hanno imposto una svolta nella strategia tesa a difendere l'esistenza dello Stato di Israele e la sua sicurezza. Oggi l'operazione Leone Nascente può considerarsi l'ovvia conseguenza di un percorso mirato a mettere davvero in sicurezza il Paese e probabilmente pianificata come tale già subito dopo il 7/10. D'altronde le azioni israeliane di questi 21 mesi appaiono oggi proprio finalizzate alla iniziativa militare avviata nella notte di giovedì scorso.

L'obiettivo di liberare Gaza dal controllo dei terroristi di Hamas, seppur perseguito con iniziative sproporzionate, l'iniziativa del luglio '24 in territorio iraniano per eliminare Ismail Haniyeh, l'attacco del settembre '24 in Libano e in Siria ai militanti e combattenti Hezbollah, i raid contro gli Houti, sono state tutte azioni chiaramente tese a indebolire il fronte sciita antiisraeliano.

Il buon esito di queste azioni e la caduta del regime siriano, altro baluardo dell'Asse delle Resistenza, hanno quindi creato le condizioni per l'iniziativa più importante che è in atto. Quanto all'obiettivo del Regime Change esso va considerato, come del resto è stato esplicitamente dichiarato con lo stesso nome dato alla operazione in atto, un auspicio e non l'obiettivo della guerra in corso che è quello di neutralizzare ogni fonte di minaccia alla sicurezza e alla esistenza dello Stato di Israele.

Ovviamente ci si augura che l'indebolimento della dittatura e della forza militare con cui il regime teocratico opprime la società iraniana possa incoraggiare le tante forze di opposizione all'interno del Paese nella loro battaglia di liberazione. Appaiono quindi improponibili paragoni con precedenti azioni militari, come quelle in Iraq o in Libia, che volevano esportare la democrazia rivelandosi fallimentari. Certo la fine del regime teocratico e una solida sicurezza dello Stato di Israele sarebbero una ottima notizia sia per la stabilità in Medio Oriente che per una riapertura della discussione su come affrontare e risolvere la questione palestinese.

Si tratta ora di seguire gli sviluppi di un conflitto il cui esito dipenderà in gran parte da come si muoveranno i grandi players mondiali.

Innanzitutto dalle modalità con le quali gli USA continueranno a supportare Israele e dalla posizione che assumeranno Cina e Russia notoriamente legate all'Iran.

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