Il rapimento, i video di Hamas e la liberazione: la storia di Noa Argamani

La studentessa 26enne è diventata uno dei simboli dei massacri del 7 ottobre. Poco dopo l'inizio degli attacchi di Hamas, era comparsa in un video in cui si vedevano dei terroristi trascinarla su una moto e portarla a Gaza

Il rapimento, i video di Hamas e la liberazione: la storia di Noa Argamani
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Noa Argamani è stata liberata dopo nove mesi di prigionia. Ben 246 giorni passati nelle mani dei terroristi di Hamas, che durante gli attacchi del 7 ottobre l’hanno trascinata a Gaza a bordo di una motocicletta dopo aver massacrato centinaia di suoi coetanei al Supernova Festival, dove lei si era recata assieme al fidanzato.

La giovane è una studentessa di 26 anni. Stando a quanto riportato sul suo profilo Linkedin, è iscritta al corso di ingegneria di software e sistemi informativi presso l’università Ben Gurion del Negev, non lontano dal luogo dove era stato organizzato il rave. Nelle prime ore dello Shabbat di sangue, Noa è diventata uno dei simboli di quel giorno terribile. In una clip di dieci secondi, che ha fatto il giro dei social e dei media internazionali, si vede la giovane che viene separata dal fidanzato Avinatan Or, anch’egli portato via da diversi uomini e costretto a camminare con le braccia dietro la schiena. La giovane piange e grida “non uccidetemi”, mentre viene caricata su una motocicletta e portata nella Striscia.

Di lei non si sono avute più notizie fino al 14 gennaio, quando i terroristi hanno diffuso un filmato di 30 secondi in cui Noa è apparsa assieme ad altri due ostaggi, il 53enne Yossi Sharabi e il 38enne Iti Sabirski. Il breve girato si concludeva con un messaggio: “Il loro destino sarà svelato domani. Il vostro governo sta mentendo”. Un vero e proprio gioco perverso di Hamas, che lunedì 15 ha pubblicato prima un’immagine in cui invitava gli utenti a indovinare lo stato di salute dei rapiti, poi il video completo, con protagonista proprio Noa. La 26enne ha raccontato che i suoi due compagni di prigionia erano morti a causa di un attacco missilistico israeliano contro l’edificio in cui erano tenuti prigionieri. “Fermate questa follia e portateci a casa. Finché siamo ancora vivi portateci a casa”, aveva implorato rivolgendosi al governo di Benjamin Netanyahu. Uno dei tanti affondi della guerra psicologica, questa, sferrati dall’organizzazione palestinese contro lo Stato ebraico.

Poi, di nuovo silenzio fino al 31 maggio, quando i terroristi hanno diffuso un audio attribuito alla giovane, la cui diffusione è stata autorizzata dalla famiglia Argamani. “Il tempo a disposizione sta scadendo, la gente deve decidere, non vogliamo morire qui. Ci lascerete qui a mettere fine al mio destino e dei miei compagni ostaggi come Ron Arad? Mi rivolgo al popolo di Israele: siete diventati alleati di governo di Netanyahu, Gallant e Gantz?”, si sentiva nella registrazione. “Fate uscire in piazza migliaia di donne e uomini, bloccate le strade di Tel Aviv e non tornate a casa fino a quando noi non torneremo a casa. Non mettete il nostro destino nelle mani di Netanyahu e del gabinetto di guerra”. Un vero e proprio invito alla rivolta, mirato a destabilizzare lo Stato ebraico e a indebolire il suo sforzo bellico nella Striscia.

L’incubo di Noa, però, è finito. Le forze speciali delle Idf, della polizia e dello Shin Bet l’hanno salvata nel corso di un blitz nel campo profughi di Nuseirat.

La ragazza è stata portata in ospedale e durante il viaggio ha potuto riabbracciare il padre. Presto, potrà incontrare anche sua madre, che lotta contro un tumore al cervello e aveva espresso il desiderio di rivederla prima di morire.

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