
Quando Donald Trump è atterrato ad Anchorage per incontrare Vladimir Putin ad agosto, l’obiettivo dichiarato era un passo verso la pace in Ucraina. Ma il faccia a faccia tra i due leader si è presto trasformato in un confronto teso, segnato da un lungo monologo di Putin sulla storia russa e ucraina, che ha finito per spingere Washington su posizioni più dure nei confronti di Mosca.
Cosa è successo ad Anchorage
Secondo fonti occidentali e ucraine, il presidente russo ha respinto la proposta americana di alleggerire le sanzioni in cambio di un cessate il fuoco, ribadendo che la guerra sarebbe terminata solo con la resa di Kiev e la cessione di ulteriori territori nel Donbass. Poi avrebbe iniziato una divagazione storica, citando principi medievali e figure nazionali russe per sostenere che Ucraina e Russia costituiscono “un’unica nazione”.Il presidente russo ha poi tenuto un lungo discorso storico che ha toccato principi medievali come Rjurik di Novgorod e Yaroslav il Saggio, insieme al capo cosacco del XVII secolo Bohdan Khmelnytsky – figure che cita spesso per sostenere la sua affermazione che Ucraina e Russia sono un'unica nazione.
Trump, sorpreso e irritato, avrebbe alzato la voce e minacciato di interrompere l’incontro, che si è concluso bruscamente con l’annullamento del pranzo ufficiale previsto. Quel momento, che molti nella Casa Bianca considerano il punto più basso nei rapporti tra i due leader, ha segnato una svolta nella postura americana verso la Russia. Il giorno successivo, le dichiarazioni di Trump — che aveva parlato di una “grande e proficua giornata in Alaska” — avevano suscitato allarme in Europa e in Ucraina, timorose di un accordo alle spalle di Kiev. Ma nei fatti il vertice ha prodotto l’effetto opposto: un progressivo irrigidimento della politica americana nei confronti di Mosca.
Dalla neutralità alla pressione: il cambio tattico di Washington
Dopo il vertice di Anchorage, l’amministrazione Trump ha cominciato a sostenere più apertamente l’Ucraina. Ha autorizzato gli alleati europei ad acquistare armi dai depositi statunitensi destinate a Kiev, ha favorito azioni mirate contro infrastrutture energetiche russe e ha minacciato di fornire missili a lungo raggio capaci di colpire obiettivi in territorio russo.
Parallelamente, gli Stati Uniti hanno imposto dazi aggiuntivi su alcune importazioni indiane per la loro continua cooperazione energetica con Mosca, invitando altri Paesi a fare lo stesso. Allo stesso tempo, Washington ha incoraggiato l’Unione Europea a utilizzare parte dei fondi russi congelati per finanziare forniture di armi all’Ucraina. Una delle questioni più discusse resta l’eventuale fornitura di missili Tomahawk a Kiev, ipotesi che Trump ha definito “sotto attenta valutazione”. Diversi analisti la interpretano come una mossa diplomatica volta più a esercitare pressione sul Cremlino che a un immediato salto di qualità militare.
Budapest all’orizzonte: aspettative e diffidenze
Mentre il Cremlino e la Casa Bianca confermano l’intenzione di un nuovo incontro a Budapest entro le prossime settimane, a Washington il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy si prepara a un vertice bilaterale che potrebbe definire la prossima fase dell’assistenza americana. Nonostante la retorica, le aspettative restano caute: nessuna delle parti si attende un accordo risolutivo. Trump, pur mostrando crescente irritazione verso Putin, continua a presentarsi come possibile mediatore e mantiene un margine di ambiguità per non chiudere definitivamente il canale con Mosca.
Intanto, la Russia ha intensificato gli attacchi contro infrastrutture energetiche ucraine, colpendo impianti di gas nell’est del Paese alla
vigilia dell’incontro alla Casa Bianca. L’episodio ha sottolineato quanto fragile resti la prospettiva di una tregua e quanto le manovre diplomatiche si svolgano ancora sullo sfondo di una guerra che non accenna a rallentare.