Hakkinen lo consola: «Per me torna a correre»

Nostro inviato a San Paolo

È arrivato in sordina, ha salutato gli amici di una vita, si è seduto negli uffici del suo ex team, la McLaren, quindi, finalmente, il paddock ormai “Schumi e Alonso dipendente” si è come destato e ha detto: «Ma quello è Mika Hakkinen... ».
Finlandese, classe 1968, solo tre mesi più vecchio di Schumi, l’uomo che più di tutti gli ha dato filo da torcere, capace come è stato di vincere due mondiali di fila, nel ’98 e nel ’99, strappando il primo proprio al grande tedesco e lottando con lui fino all’ultimo nel 2000, quest’uomo è venuto a rendergli omaggio nel giorno dell’addio. Si siede, osserva i giornalisti accanto a lui, prima di parlare stringe la mano a tutti, «piacere, Mika Hakkinen», i soliti modi da gentleman delle corse. «Noi piloti dobbiamo sempre ricordarci che milioni di giovani ci osservano, per cui è fondamentale comportarci bene, anche in pista. I miei duelli sono sempre stati leali, anche con Schumi, quante belle battaglie».
E tanti ricordi?
«Tantissimi, il sorpasso che gli feci a Spa, il mondiale vinto a Suzuka all’ultima gara».
Nella classifica dei più grandi dove lo mette?
«Tra i più grandi, i numeri parlano chiaro, ha ottenuto tanto e non vedo, in futuro, chi possa battere i suoi record... però non penso si possa fare una classifica, non mi piace».
Ha citato quel sorpasso di Spa… era al limite?
«Diavolo se lo ero, ma fu bellissimo».
Ha incontrato Michael, che cosa gli ha detto?
«Dovrei rispondervi con una bugia. Sono cose nostre».
Ha fatto bene a decidere di lasciare le corse?
«Di certo erano tanti anni che correva, erano tanti anni che sentiva sulle spalle tutta questa pressione».
Forse l’arrivo in Ferrari del suo connazionale, Kimi Raikkonen, l’ha spinto a lasciare prima.
«Non credo. Michael è un combattente nato, una sfida in più non gli avrebbe creato problemi. Penso abbia scelto il momento giusto. Se non senti più certi stimoli è meglio smettere. Però noi abbiamo le corse dentro, per cui è difficile resistere alla tentazione delle sfide, delle gare».
Vuol dire che Michael potrebbe tornare, proprio come ha fatto lei?
«Sì. Io, quando lasciai, avevo le pile completamente scariche. Ma stando con gli amici, con la famiglia, le pile si sono ricaricate. Per cui non mi stupirebbe se Michael, un giorno, tornasse a correre... magari nel Dtm come me».
Non in F1?
«È la sfida, il rapporto con il box quello che ti spinge, non la categoria dove vai».
Non crede che Raikkonen in Ferrari possa patire la pesante eredità di Michael?
«No, è un ragazzo forte. Certo, forse io non avrei lasciato la McLaren. Penso ai miei anni, anni di difficoltà, con il team che non vinceva, ma non abbiamo mai mollato e poi sono arrivati i trionfi. Vediamo che cosa succederà adesso a Kimi in Ferrari».
La vita privata a volte sopra le righe di Kimi, potrebbe essere un peso per un pilota che lotta per il mondiale?
«Prima di tutto, in F1 devi avere le spalle larghe e la mente forte per non farti condizionare da molte voci cattive che circolano su di te. E lui ce le ha. Detto questo, ritengo che qualunque problema una persona possa avere, la cosa migliore per combatterlo sia sviscerarlo, parlarne con la gente con cui si lavora. Basta questo per risolvere tutto.

Perché per lottare per il titolo devi essere al 100%».
E Alonso che prende il suo posto sulla McLaren?
«Fernando non lo conosco, però ha accettato una sfida immensa, sarà una sfida a lungo termine e conosco la McLaren: avrà tutto per lui».

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