Handicap, boom sospetto di certificati per bimbi stranieri

Un insolito aumento dei casi certificati di handicap soprattutto in alcune province. Un aumento dell’8% in un solo anno, che si traduce in 1.000 casi in più, da 26.739 del 2009/10 a 28.500 nel 2010/11 solo in Lombardia non può non saltare all’occhio. Soprattutto se in alcune province, come a Brescia, i ragazzini disabili extracomunitari sono il doppio di quelli di cittadinanza italiana. Il dato ha suscitato più di una perplessità negli uffici del direttore scolastico regionale Giuseppe Colosio, che ha deciso di vederci chiaro, anche a fronte della difficoltà in vista delle iscrizioni nel reperire insegnanti di sostegno specializzati, già quest’anno sotto organico di 2.000 professori, coperti da supplenti «generici».
La difficoltà di organico e il numero crescente di certificazioni si intersecano con un altro problema, l’ingerenza della Asl, che «invece che limitarsi a certificare clinicamente i casi di handicap, distinguendo tra gravi e non - spiega polemico Colosio - arriva anche a prescrivere il numero di ore di sostegno didattico necessarie per ogni alunno, superando le proprie competenze». Un conto è la certificazione clinica della disabilità, che spetta all’Asl, un’altra la valutazione didattica del tipo di sostegno e delle ore necessarie ad ogni alunno, che spetta alla consulta regionale per l’handicap.
Il provveditore Colosio ha scritto agli assessori lombardi alla Famiglia, Giulio Boscagli, a Istruzione e Lavoro, Gianni Rossoni e alla Sanità, Luciano Bresciani, chiedendo loro un incontro per i primi di febbraio. Obiettivo: «Chiarire e definire in maniera univoca, in tutta la regione, i criteri per la certificazione dell’handicap». A monte il «sospetto» sui numeri di Brescia - il doppio di casi di handicap tra extracomunitari rispetto agli italaini -: situazioni di disagio sociale fatte passare per disagio psicofisico per garantire insegnanti di sostegno a ragazzini che magari non parlano bene italiano o manifestano disagi legati al contesto sociale o famigliare, più che psicofisico, che implica un discorso di invalidità. È necessario che i criteri siano uniformi tra province per poter assegnare serenamente le risorse, ovvero i docenti di sostegno in base alle ore necessarie, evitando allo stesso tempo questioni spinose come il ricorso al Tar dei genitori di 17 alunni disabili e dell’associazione Ledha, di qualche girono fa.
«Ciascuno mantenga le proprie competenze - il messaggio che Colosio consegna agli assessori regionali - non ha competenze in materia didattica. La Asl non può permettersi di stabilire quindi quante ore di sostegno sono necessarie a un alunno, stabilite dalla consulta di insegnanti. Le ore dedicate inoltre rappresentano solo un aspetto dell’integrazione, come prescrive la legge 104. Non si può pensare di garantire l’inclusione di uno studente con handicap - ripete Colosio - semplicemente garantendo la copertura totale delle ore in classe con l’insegnante specializzato.

L’integrazione, invece, si gioca su diversi componenti, che sono l’insegnante della classe dove è inserito l’alunno, l’insegnante di sostegno, i compagni di classe e il contesto di vita complessivo della classe e della scuola».

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