Hezbollah apre al negoziato e affida a Beirut le trattative

Il ministro degli Esteri di Beirut: i due israeliani rapiti stanno bene

Beirut. Affidati al presidente del Parlamento, Nabih Berri, e al ministro degli Esteri Fawzi Salluk, entrambi sciiti, Hezbollah ha lanciato ieri messaggi in codice sulla sua disponibilità ad avviare negoziati per il rilascio dei due soldati israeliani la cui cattura, il 12 luglio, ha innescato il devastante conflitto in corso. All’apparenza, si è trattato della riproposizione dello scambio tra i due soldati israeliani catturati e i prigionieri libanesi e arabi nelle carceri d’Israele. Ma stavolta, il movimento sciita si è detto pronto a delegare i negoziati al governo del premier libanese Fuad Siniora, e non più genericamente a una «terza parte». E il ministro degli Esteri, con una sortita certo poco protocollare, non ha esitato a dichiarare pubblicamente che i due soldati israeliani «stanno bene e sono in un posto sicuro». A Beirut, gli spiragli socchiusi da Hezbollah sono stati interpretati come un tentativo di gettare subito sul tavolo negoziale la carta di maggior valore, quella del rilascio dei due soldati, per ottenere una rapida definizione di un’intesa di cessate-il-fuoco. Ma un primo altolà è sembrato giungere proprio dal premier a cui la guerriglia vorrebbe affidare le trattative.

«Non vogliamo soluzioni parziali o temporanee, il popolo libanese non vuole tornare alla situazione che prevaleva prima del 12 luglio», ha dichiarato il premier Siniora, alludendo all’estenuante e inutile «dialogo nazionale» che continua a girare intorno alla scottante questione del disarmo di Hezbollah.

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