«I campi estivi pubblici aperti anche ai figli dei clandestini»

«I campi estivi pubblici aperti anche ai figli dei clandestini»

Impedire a un bambino, anche se figlio di clandestini, di frequentare i centri estivi organizzati dal Comune è «discriminatorio». Così, il tribunale civile ha accolto il ricorso di una giovane ecuadoriana che si era vista respingere la domanda di iscrizione perché «non in regola con il permesso di soggiorno».
«La frequenza del centro estivo - scrive il giudice Filippo D’Aquino nel provvedimento d’urgenza con cui ordina a Palazzo Marino di ammettere il bimbo al campus - rientra tra le attività accessorie a quelle inerenti l’assolvimento dell’obbligo scolastico». Dunque, il divieto del Comune «costituiva attività discriminatoria», perché avrebbe comportato «l’esclusione da un servizio pubblico fondamentale». Inoltre, nonostante i genitori del bambino fossero clandestini, «per lo straniero minorenne non si configura la condizione di irregolare permanenza sul territorio dello Stato».
La vicenda inizia in aprile, quando la donna - senza permesso di soggiorno ma impiegata come colf - compila in internet la preiscrizione al centro estivo per il figlio di 7 anni, che quest’anno ha frequentato la prima elementare di una scuola in zona Bisceglie. La domanda viene accettata, ma quando la madre - il 19 maggio - si presenta la per completare la pratica, le viene detto che la sua richiesta non può essere accolta. «Lei non ha il permesso di soggiorno». Versione confermata anche dalla direzione dei centri estivi in via Porpora. Così, la mamma si rivolge all’avvocato Eugenio Losco, che presenta il ricorso accolto ieri dal giudice.


Il prossimo 13 luglio si terrà l’udienza al termine della quale il giudice si pronuncerà in modo definitivo sul caso. Ma l’esito, visto il provvedimento d’urgenza, sembra scontato. Il piccolo, intanto, potrà iniziare il campo estivo come tutti gli altri bambini.

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