nostro inviato
a Vicenza
Alla fine serve un treno speciale. Parte mezzo vuoto, costa migliaia di euro che nessuno rimborserà alle Ferrovie dello Stato, ma è necessario. Perché i centri sociali a Milano Centrale arrivano in massa, alle 10 sono già 300, a fine mattinata saranno 3.500. Ce lhanno con il governo Prodi: «Questa sinistra predica bene e razzola male fra cariche e arresti» dice il tizio al megafono che parla a una platea di sciarpe nere sul naso e creste colorate.
Ci provano i capitreno, a stipare tutti su un unico convoglio, quelli che hanno preso il biglietto «manifestante», prezzo politico 10 euro andata e ritorno, e quelli che invece i dieci euro li hanno dati ai centri sociali il Cantiere e Ya Basta, ricevendone in cambio un timbro sulla mano, un passaggio per Vicenza, ma non la certezza che i soldi arrivino poi a Trenitalia. Sono quasi le 12 quando si parte, con tre quarti dora di ritardo fra le proteste della gente «normale». I centri sociali viaggiano in ordine sparso. È una pacchia: spinello libero, scritte sulle pareti, nessun controllo.
Si va a Vicenza mica solo contro la base Usa. Il Leoncavallo, si è allineato con Rifondazione comunista prendendo le distanze dal centro sociale Vittoria che ha espresso solidarietà «ai compagni brigatisti arrestati». Ebbene: «Il Leo non è più un centro sociale e non rappresenta più nessuno, ormai è solo business» dicono i ragazzi della Fornace. E poi, ma quale Rifondazione: «Se vogliono trattare con noi bene, che mettano qualcosa sul tavolo.
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