I LIBERISTI DELLA DOMENICA

Trattasi di invettiva. Ma forse anche di legittima difesa. Insomma ci sentiamo derubati. Non sopportiamo l’idea che i ladri di un principio la possano passare liscia. Ma vogliamo anche mettere in guardia i nostri lettori. È dubbio che l’esperienza berlusconiana, di governo e di opposizione, rappresenti l’identità liberale in Italia. Ma è indubbio e garantito che il tentativo veltroniano di impossessarsene sia sulfureo. Puzzi. Sia un escamotage elettorale per conquistare e blandire. Qualcuno si ricorda quell’arrampicata sugli specchi del duo Giavazzi e Alesina con cui si provò a spiegare che il liberismo è di sinistra, compresa la riforma delle pensioni modello Pinochet?
Non possiamo accettare che i panni di Friedman, la filosofia di Smith, le prediche di Einaudi, la logica dei viennesi sia improvvisamente diventata la bandiera del Partito democratico. Per troppi anni in Italia le idee di merito, di individualismo, di Stato minimo, sono state distanti anni luce dall’esperienza culturale di Veltroni e dei suoi. Con la sola eccezione dei radicali (così mal sopportati nelle liste democratiche) l’impasto di quell’aggregazione elettorale appare il frutto del fighettismo alla romana. La giovane candidata dell’Arel, capolista a Roma, quasi plasticamente ricorda quella stupenda macchietta che nel film di Verdone, urlava, masticando una gomma, fascista, fascista. Insomma vogliamo dire che il Veltronismo è questo: l’indubbia capacità di plasmarsi per ogni occasione. È l’intuito pariolino di riconoscere l’ultima moda, di acquistare il consenso con una «visione» che ogni giorno può cambiare.

Il pragmatismo può anche rappresentare il senso di una politica del fare. Al di là delle questioni etiche, le vere che dovrebbero dividere gli schieramenti (e in questo Ferrara ha ragione da vendere), è necessario comunque, come dicono gli americani, «to deliver». Portare i risultati. Dimostrare che ai progetti seguono le realizzazioni. Altrimenti l’adesione al sogno di uno Stato che faccia poco ma bene, che tassi il minimo ma serva con rigore, diventa solo uno strumento di consenso elettorale. E non già uno stile di governo.

La sinistra e Veltroni in particolare hanno in questo una capacità micidiale.

Chi si ricorda di quell’altro sogno, «il Risorgimento del Sud» che ha ingannato più del 70 per cento dei napoletani esultanti per Bassolino? Chi si ricorda di quello scatto di orgoglio meridionalista, che dopo quindici anni è stato travolto da cumuli di spazzatura?
Il grande inganno del politicamente corretto è oggi diventata la professione di liberismo. Veltroni, come al solito, lo ha capito. E traghetta la gauche caviar al liberalismo de Marianna. Non ci cadiamo.
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