Cronaca locale

I medici di Como e Varese fuggono in Svizzera: l’ospedale paga il doppio

I camici bianchi seguono le orme degli infermieri che oltreconfine guadagnano 3.500 euro al mese

Un tempo c’erano i contrabbandieri che facevano la spola con la Svizzera, poi venne l’era della finanza «allegra» fatta di valigette che fuggivano nel Canton Ticino, adesso è giunta l’ora della migrazione dei medici lariani in terra elvetica. Stipendi più alti e meno pressione fiscale dettati da una forte domanda per riuscire a soddisfare il fabbisogno interno: la chiamata dalla Svizzera per i camici bianchi comaschi sembra cosa molto allettante. Tutto questo perché ospedali e cliniche svizzere necessitano di almeno del doppio del personale medico che attualmente viene formato nel paese, dovendo così ricorrere all’inserimento di professionisti stranieri. Attualmente si conta che in Svizzera ben il 27% di medici provenga da paesi dell’Unione Europea, ma è una percentuale che si gonfia se si considera l’intera sfera dei lavoratori in campo sanitario, una quota che ha raggiunto ben il 40%. Dati che per i vicini elvetici possono suonare allarmanti, ma che si fondano su un paradosso. Prendendo per esempio la Svizzera italiana, si scopre che nel Ticino non sono presenti facoltà di medicina, così la formazione dei medici che partiranno alla volta della Svizzera spetta agli atenei italiani, in particolare all’Università dell’Insubria. La Svizzera lamenta quindi una penuria di personale medico causata dalla mancanza di centri per la formazione. Così gli elvetici ci fanno l’occhiolino come a volerci dire: «Voi formate i medici, che noi ve li freghiamo a suon di franchi».
Ciò che fa della Svizzera un piatto tanto appetitoso per i professionisti lariani è l’abissale differenza di retribuzione: come già avvenuto per gli infermieri, lo stipendio più basso per un operatore sanitario del Canton Ticino è infatti quasi il doppio rispetto a quello di un professionista comasco. Ai 1.600 euro di un infermiere italiano, rispondono i vicini con un contratto che può sfiorare quasi i 3.500. I conti sono presto fatti: negli ultimi anni sono già migrati ben 1300 operatori sanitari comaschi e varesini. E ora tocca ai medici. Sicuramente non si tratta di un esodo per ora, ma i presupposti per un «ratto dei camici bianchi» sembrano esserci tutti.
«Attualmente non c’è una stima che possa quantificare il fenomeno, ma è chiaro che ci sono alcuni medici che già hanno scelto di lavorare in Svizzera - spiega Gianluigi Spata, presidente dell’Ordine dei medici di Como - É sicuramente eccessivo parlare di esodo, tuttavia, sul lungo periodo, questo fenomeno dovrà essere monitorato con attenzione. La Svizzera ha bisogno di professionisti di una certa esperienza lavorativa e sicuramente l’aspetto retributivo può giocare una forte attrattiva. Inoltre dalle nostre scuole escono professionisti eccellentemente formati che possono fare gola oltre il confine. Come del resto è già avvenuto con gli infermieri». Ma a volte i soldi non sono tutto: «Per quanti possano partire, ce ne sono però anche altri che rientrano - continua Spata - L’attrattiva della Svizzera può quindi venire dall’aspetto economico, però non è detto che questa sia l’unica ragione. Se sotto un profilo di qualità lavorativa non c’è differenza con i nostri vicini, oltre il confine un medico può gestire il lavoro più tranquillamente».

E questa non è certo una cosa da poco.

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