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I rossori del Made in Italy

I l secondo capolavoro di Frigo - nel 2001 è reo confesso d'aver acquistato fiale di doping, salvo poi scoprire dalle analisi che gli spacciatori l'hanno pure truffato con acqua salata - colpisce per diversi motivi, ma soprattutto per la stupidità. Al Tour, tutti quanti dicono la stessa cosa: non è possibile, dopo quasi un decennio (sì, ormai siamo prossimi al decennale) di scandali e bufere, farsi trovare ancora con l'Epo nel bagagliaio, sulla scia della più squallida e tormentata tradizione di casa Rumsas. Eppure, ineffabile e cocciuto, Frigo ci ricade. Un nuovo scandalo doping. Doping per non vincere mai, tra l'altro.
Cosa aggiungere? Il bilancio familiare è allucinante: entrambi i coniugi rinchiusi in Francia e la reputazione definitivamente al macero. Ma gli effetti non si esauriscono qui, nell'intima atmosfera domestica. Si irradiano all'esterno, infangando nuovamente la facciata in continuo rifacimento del mondo ciclistico. Qui non si fa a tempo a ritinteggiarla con colori pastello, che subito qualche genio si diverte a lanciare la sua tolla di marrone. Giustamente, la gente normale si chiede: ma quando la finiscono, questi del ciclismo?
Alla gente normale va risposto semplicemente: molto s'è fatto, molto resta da fare. Purtroppo, una cosa che ancora non s'è fatta è mandare a casa in modo definitivo chi bara. Tutti barano, si diceva una volta. Pazienza, paga chi si fa pescare. Come per gli eccessi di velocità o per le evasioni fiscali. Uguale.
La questione, guarda caso, tocca soprattutto noi italiani, maestri di indulgenza. Vuole la combinazione che in due giorni il Tour abbia pescato due corridori (prima Petrov, poi Frigo) delle più importanti squadre italiane, la Lampre e la Fassa Bortolo, un po' come dire il Milan e la Juve della bici. Non si può nascondere come tutto questo risulti quanto meno imbarazzante, di fronte al mondo che ci guarda. Spetta alle squadre, adesso, decidere se continuare a rovinarsi per questa brava gente del doping fai-da-te. Almeno, diamo qualche segnale. In fondo, ne basta uno solo: chi sbaglia, fosse anche la prima volta, deve cambiare mestiere. Prove d'appello come quella concessa a Frigo non vanno più concesse a nessuno. Né dalla propria squadra, né dalla concorrenza. A mali estremi, estremi rimedi.

E al diavolo la pietà, con chi non la merita.

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