Le «Iene» alla Camera: si droga un deputato su tre

Casini: una pessima trovata pubblicitaria E Bocchino querela il programma

Emanuela Fontana

da Roma

Onorevole, lei ha la fronte troppo lucida, posso? Così è iniziato lo scherzo delle «Iene». Con la scusa di detergere il sudore dalle onorevoli fronti, il programma di Italia uno oggi all’esordio ha sfornato la prima «bomba» della stagione: un deputato su tre secondo le «Iene» si droga, il 32%, per l’esattezza, calcolato su un campione di 50 inconsapevoli parlamentari. Al contatto con la fronte di 16 deputati il tampone ha reagito: 12 (il 24%) sono risultati positivi alla cannabis, e l’8% (quattro di loro) alla cocaina. Il programma, se non arriveranno stop per rischio di violazione della privacy, trasmetterà le prove test ma senza mostrare il viso delle «cavie» e alterando la loro voce.
Il giochetto è stato possibile grazie allo stratagemma della truccatrice: non era una normale spugnetta per la cipria quella che l’estetista si offriva di passare sui visi degli intervistati, ma il drugwipe. Il test, spiega il papà delle «Iene», Davide Parenti, è molto in uso nelle polizie di Gran Bretagna e Germania. Parenti lo definisce «infallibile al 100% se si sono assunte sostanze stupefacenti nelle ultime 36 ore». La troupe ha fatto finta di essere una normale tv che voleva sondare gli umori dei parlamentari sulla finanziaria.
Si scopre l’acqua calda, il numero dei «drogati» è troppo alto. Ieri in Transatlantico non si parlava d’altro. I deputati, la cannabis e la coca. In due si sono esposti: abbiamo fatto il test, ma siamo risultati negativi. Uno è il Verde Tommaso Pellegrino: «Non ho nulla da nascondere, non faccio uso di droghe e posso sottopormi anche ad altri test». L’altro è Italo Bocchino di An, anch’egli, come dichiara, risultato negativo, ma che annuncia querela alle «Iene»: pur «non avendo nulla da nascondere» e «essendo risultato negativo» sporge denuncia perchè «è gravissima dal punto di vista penale l’invadenza di chi, pur di fare audience è oggi illegittimamente in possesso del Dna di 50 parlamentari».
Lo scoop delle «Iene» è una «pessima trovata pubblicitaria», ha chiarito», Pierferdinando Casini a «Porta a porta». L’attendibilità del test è «equivalente allo zero» e, ha tuonato, la droga è «un tema su cui non si può scherzare».
«Ora basta moralismi», avverte Daniele Capezzone (Radicali). «Non apprezzo questa modalità d’intrusione», è stato il commento del ministro della Solidarietà Sociale, Paolo Ferrero (Rifondazione).
C’è chi sfida le Iene, come la vicepresidente della Camera Giorgia Meloni (An): «Mi sottopongo volentieri al test, perché sarebbe stato preferibile chiedere ai parlamentari invece di “rubare” il loro sudore». Si rivendica la privacy ma il dato fa sgranare gli occhi. Soprattutto ai parlamentari più giovani: «Se questa è la classe dirigente che dovrebbe essere di esempio per le nuove generazioni, la situazione è disastrosa - chiarisce comunque la ventinovenne Meloni -. Anche se prima bisogna verificare l’attendibilità, perché spesso si fa del sensazionalismo».
Nella sinistra radicale si prende spunto dal narcotest delle Iene per proporre lo smantellamento della legge Fini-Giovanardi sulle droghe: «Bisogna essere rispettosi della privacy di ciascuno - sostiene il capogruppo di Rifondazione, Gennaro Migliore - ma si deve fare una considerazione sull’aggiornamento della legislazione proibizionista». «Me la cavo con una battuta - commenta Piero Fassino - così si fa più in fretta a cambiare la legge Fini sulle tossicodipendenze». Ricorda invece Capezzone: «Io l’avevo detto in tempi non sospetti che alla Camera a un cane antidroga andrebbe in tilt il naso».
«Al contrario di Muzio Scevola - premette Carlo Giovanardi dell’Udc - la mano sul fuoco non la metto per nessuno ma, conoscendo i miei colleghi, uno su tre mi sembra un dato esagerato.

È vero che la cocaina è diffusa negli ambienti altolocati e anche tra i politici, basta guardare fra i senatori a vita, ma non si capisce cosa vuol dire ora la sinistra attaccando la nostra legge, secondo la quale nessuno di questi parlamentari andrebbe in carcere, ma al limite gli toglierebbero la patente».

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