Devastata da un'esplosione di propano. Il volto ricostruito grazie alla placenta umana

Una 47enne americana è riuscita a riavere la sua faccia con un'innovativa tecnica di trapianto

Marcella Townsend, la 47enne americana il cui volto, devastato da un'esplosione di propano, è stato curato grazie all'uso di una placenta umana. Foto tratta dal video "Amnioburn Patient Story"
Marcella Townsend, la 47enne americana il cui volto, devastato da un'esplosione di propano, è stato curato grazie all'uso di una placenta umana. Foto tratta dal video "Amnioburn Patient Story"

È una storia che ha dell'incredibile quella della 47enne Marcella Townsend, il cui volto nel 2021 venne devastato dall'esplosione di una bombola di propano in casa di sua madre a Savannah, (Georgia). La donna era arrivata in ospedale con ustioni di secondo e terzo grado su gran parte del corpo, e per quasi due mesi era rimasta in coma farmacologico.

Il "miracolo" della medicina

Come riporta oggi il New York Times, ora la donna non solo sta bene, ma il suo volto è tornato molto simile a quello prima dell'esplosione, grazie all'uso di una placenta umana da parte dei medici. Una modalità non troppo praticata ma che i chirurghi hanno percorso, applicandone un sottile strato sul volto della paziente ed ottenendo risultati incredibili.

Come viene utilizzata in Italia

Nel nostro Paese la placenta umana viene usata soprattutto per il trapianto del sangue placentale, come valida alternativa al trapianto di midollo osseo per la cura di malattie gravi come leucemie, linfomi, sindromi mielodisplastiche, mielomi, anemie congenite e acquisite, talassemie, malattie congenite dismetaboliche e del sistema immunitario. Se ne conosce, grazie a numerosi studi, la sua importanza anche dopo il parto ed è comunque noto in tutto il mondo l'uso di questa (prevalentemente animale) come componente di alcuni cosmetici o creme anti age, anche se al momento non viene utilizzata come per il caso di Marcella.

In America, al contrario, la Food and drug administration (Fda) consente la vendita di membrana amniotica (lo strato più interno della placenta), a condizione che sia "minimamente manipolata", ovvero ben conservata, pulita e che non abbia subito alterazioni dopo la sua espulsione. Sempre secondo la Fda, questa, costituendo una barriera tra il feto e la madre, può essere utilizzata dai medici come benda, sia interna che esterna, per curare le cicatrici o le ustioni, proprio come nel caso della 47enne americana. Inoltre è un valido aiuto per il trattamento di ferite croniche che faticano a guarire, come per esempio l'ulcera nel piede diabetico.

L'importanza della placenta umana

La placenta si forma nell'utero durante la gravidanza e fornisce al feto nutrienti e anticorpi, proteggendolo da virus e tossine anche durante il parto ed è estremamente ricca di cellule staminali, collagene e citochine. Come accennato, diversi studi ne hanno dimostrato la sua efficacia nel ridurre dolore, infiammazione e guarire le ustioni, prevenire la formazione di tessuto cicatriziale e aderenze attorno ai siti chirurgici, migliorando persino la vista. Quest'ultima pratica ha permesso di recuperare in parte o del tutto la vista in pazienti con danni agli occhi e lesioni alla cornea, provocati da ustioni chimiche o sindrome di Stevens-Johnson che fino a poco tempo fa portavano inevitabilmente alla cecità.

Le proprietà

Per natura la placenta protegge il feto dal sistema immunitario materno, per questo il suo tessuto è considerato immunologicamente privilegiato e si è scoperto che gli innesti placentari non inducono una risposta immunitaria nei riceventi, ovvero, a differenza degli innesti cutanei di animali o cadaveri, non provocano il fenomeno del rigetto. Il tessuto contiene anche proteine e zuccheri che stimolano le cellule dei pazienti a moltiplicarsi rapidamente e gli innesti hanno dimostrato di favorire una rapida ricrescita della pelle e dei tessuti lasciando poche o addirittura inesistenti cicatrici. La dimostrazione è proprio il volto di Marcella Townsend.

I medici sono a conoscenza delle proprietà terapeutiche del tessuto placentare da oltre un secolo. Nel 1910, un chirurgo del Johns Hopkins Hospital pubblicò alcuni studi che dimostravano come la membrana amniotica fosse il materiale migliore per gli innesti cutanei rispetto agli innesti di altri animali o cadaveri. Altri studi e sperimentazioni cliniche furono eseguite nel corso del XX secolo, utilizzandola per ferite e ulcere cutanee, interventi chirurgici e ustioni.

Come funzionano gli "innesti"

Andando più nello specifico sulla modalità di innesto, lo stesso praticato per curare il volto della Townsend, la placenta viene raccolta da donatori preselezionati, viene quindi sterilizzata e il tessuto successivamente congelato, disidratato o liofilizzato a secondo degli usi. Nel caso di profonde ferite o ustioni, i medici ne posizionano una parte (una fetta) mantenendola in sito grazie a sutura o anche semplice medicazione con bende.

Un "tesoro" di madre natura spesso non utilizzato

Purtroppo nonostante le prove scientifiche della sua utilità, milioni di placente - solo negli Stati Uniti si stima che siano circa 3,5 milioni l'anno - vengono letteralmente buttate via dopo la nascita. In Italia, la placenta può essere donata in caso di taglio cesareo programmato dopo la 36a settimana (nelle gravidanze gemellari già dalla 33a ). Al momento della programmazione del cesareo viene proposto dall’ostetrica la sua raccolta in modalità sterile. Questa verrà poi inviata alla Banca dei tessuti per la sua processazione.

Una modalità ancora poco conosciuta dalle pazienti che spesso non ne vengono informate, e allo stesso modo poche strutture riescono realmente a recuperarle dopo il parto, distruggendo sostanzialmente questo "tesoro" creato da madre natura.

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