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L’intelligenza artificiale sta già rivoluzionando la medicina

Sono molte le sperimentazioni in corso oggi nell'ambito della medicina, sopratutto a livello di diagnostica. Ne parliamo con Giuseppe De Pietro, direttore dell'Istituto di calcolo e reti ad alte prestazioni, CNR-ICAR

L’intelligenza artificiale sta già rivoluzionando la medicina

L’impatto che l’intelligenza artificiale (AI) sta avendo sulla società è sotto gli occhi di tutti. Sebbene siano software come ChatGPT a catturare l’attenzione pubblica, le promesse dell’AI vanno ben oltre un componimento poetico. Una, per esempio, è la diagnostica. In realtà, l’intelligenza artificiale sta già trasformando il mondo della scienza e della medicina. La corsa dei giganti come Google per entrare nel campo dell’AI legata alla salute ne è la prova.

Un modello di intelligenza artificiale si è già dimostrato capace di rilevare il rischio futuro di cancro ai polmoni. Il software, sviluppato dai ricercatori del MIT, si chiama Sibyl ed è in grado di vedere un tumore su una lastra con molti anni di anticipo. Si tratta di un modello di deep learning che adotta un approccio personalizzato per valutare il rischio di cancro ai polmoni di ciascun paziente, sulla base delle scansioni TC. Il nome parla già da sé, perché riporta a figure femminili dell’antica Grecia che trasmettevano la conoscenza divina dell'invisibile. Oggi viene conferito a uno strumento di AI che valuta il rischio di cancro ai polmoni, il più mortale al mondo, con 1,7 milioni di decessi solo nel 2020. Si tratta ancora di sperimentazioni ma una cosa è certa: sarà proprio questo campo a dare i risultati più sperati nel medio lungo periodo.

Perchè l'intelligenza artificiale non è intelligente

"Il dibattito etico e culturale nasce proprio dal termine “intelligenza”, quando venne coniata negli anni '50 da un gruppo di scienziati che cominciavano a porsi il problema, dopo il famoso articolo di Alan Turing Computing Machinery and Intelligence in cui si chiede se le macchine possono pensare". A fare luce sul tema è Giuseppe De Pietro, direttore dell'Istituto di calcolo e reti ad alte prestazioni, CNR-ICAR. "Questo termine – continua l’esperto – potrebbe lasciare intendere che i computer siano in grado di pensare, ma non è così. Oggi l’intelligenza artificiale, usa algoritmi – cioè dei procedimenti matematici – basati su dei modelli sviluppati negli anni '70, quindi tanto tempo fa, ma che non erano mai stati utili nella pratica fino a oggi, per due ragioni. La prima è perché avevano bisogno di una grandissima mole di dati per poter funzionare, inoltre avevano bisogno di grandi potenze di calcolo per poter svolgere questi algoritmi. Queste condizioni per anni non ci sono state, fino a metà degli anni duemila, quando si è iniziato a parlare di big data. Con l’accesso a enormi quantità di dati accumulati e con calcolatori sempre più potenti e a costi più accessibili, gli algoritmi sviluppati in precedenza sono ritornati utili".

Il sistema di intelligenza artificiale viene addestrato attraverso degli algoritmi matematici: è il cosiddetto machine learning, un sottocampo di studio dell’AI. In altre parole: più ha dati a disposizione, più è in grado di essere affidabile.

Tuttavia, quello che fa la macchina non ha nulla a che vedere con i processi cognitivi umani. "Al momento i sistemi di intelligenza artificiale non sono intelligenti – sottolinea il direttore. Ad oggi, infatti, ancora non siamo in grado di definire chiaramente cosa sia l’intelligenza. Non abbiamo una chiara consapevolezza di come gli essere umani ragionino. Cioè come, ad esempio, il nostro cervello applica delle metodologie di deduzione o inferenza. La nuova frontiera dell’intelligenza artificiale nel futuro sarà proprio quella di poter emulare i processi del ragionamento umano".

I modelli predittivi

Tramite l’intelligenza artificiale, un computer può recepire e interpretare un’enorme quantità di dati, elaborando complessi calcoli matematici. Oggi l’AI rientra già nel percorso diagnostico e terapeutico di molte patologie. L’ambito radiologico è il primo ad essere interessato dalla rivoluzione digitale ma l’AI viene utilizzata anche in ambito neurologico e cardiologico. Può riconoscere i tumori del cervello ma anche interpretare un elettrocardiogramma, identificando le aritmie cardiache e la fibrillazione atriale, in modo da prevenire l’ictus celebrale e lo scompenso cardiaco.

AI e diagnostica sono strettamente legati dal concetto di “predizione”. Tramite l’intelligenza artificiale si possono creare dei veri e propri ‘modelli predittivi’ matematici, in grado di supportare l’identificazione precoce degli esordi di una malattia, prima dell’insorgenza. In sostanza, tutti i dati accumulati sul modo in cui si sono sviluppati dei tumori hanno permesso di far nascere questi modelli: analisi di ciò che può avvenire in futuro, sulla base di dati precedenti.

"Il primo campo su cui, l’intelligenza artificiale che vediamo oggi – continua De Pietro – ha iniziato a dare i risultati, è stato proprio quello del riconoscimento delle immagini. Oggi la prima grande applicazione in medicina riguarda proprio il Medical Imaging. Anche in questo caso, si tratta di sistemi che necessitano di essere addestrati. Quindi, quello che producono è legato alla qualità dell’addestramento. Uno dei vantaggi è la possibilità di supportare la diagnosi. Questi sistemi sono già molto utilizzati nella medicina. Processando un’enorme quantità di dati, infatti, possono riconoscere un particolare tipo di lesione tumorale o malattia. È sempre il medico, però, ad avere l'ultima parola, cioè dovrà decidere se la macchina ha dato un risultato coerente oppure no. Trattandosi di sistemi sensibili, infatti, anche una piccola modifica può generare un errore". Il presupposto di base rimane il corretto addestramento della macchina.

Oggi l’intelligenza artificiale è già dato risultati in molti campi. Ad esempio, “nell’ambito del Covid – spiega il direttore – alcuni sistemi, dopo essere stati addestrati attraverso le radiografie, hanno dimostrato di poter rilevare la polmonite interstiziale. Inoltre un altro valore aggiunto è che addestrando in maniera eccellente le macchine, si possono diffondere determinati standard, creando maggiore equità nella cura».

Ma l’intelligenza artificiale unita alla realtà virtuale è anche in grado di personalizzare i percorsi riabilitativi, i campi di applicazione abbracciano anche i dispositivi medicali. In conclusione, le prospettive future sono vastissime, ma i problemi da affrontare sono ancora tanti, tra cui l’aspetto etico e normativo.

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