Intercettazioni, i magistrati contro D'Alema: "Se c'è reato ci denunci"

Il presidente della Corte d’appello di Milano risponde al ministro degli Esteri: "Se scopriremo che le intercettazioni sono state acquisite illecitamente dalla stampa faremo denuncia, altrimenti lo farà D’Alema". Intanto il governo attacca il Cavaliere per la battuta sul "regicidio" e Casini: "Si occupino di cose serie"

Intercettazioni, i magistrati contro D'Alema: "Se c'è reato ci denunci"

Milano - «Se vi è reato venga denunciato, se un uomo politico lo ritiene prenda carta e penna e denunci il reato alla Procura. Io non mi pronuncio». Così il presidente della Corte d’appello di Milano, Giuseppe Grechi, risponde al ministro degli Esteri, Massimo D’Alema, che, ieri, attraverso il Tg5 aveva ventilato la possibilità che fossero stati commessi dei reati nella divulgazione mediatica delle intercettazioni telefoniche tra uomini politici e indagati nell’inchiesta sulla vicenda Antonveneta.

«Se scopriremo che le intercettazioni sono state acquisite illecitamente dalla stampa - dice Grechi - faremo denuncia, altrimenti lo farà l’onorevole D’Alema». Il leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini solidarizza, invece, con D’Alema e dice: «C’è chi come me che queste cose le denuncia da anni e chi se ne accorge oggi. Io sono indignato oggi per D’Alema come ieri per l’ex governatore di Bankitalia, Antonio Fazio».

Magistratura indipendente: il vicepremier ci delegittima Con le sue affermazioni sui giudici di Milano il vice premier D’Alema delegittima la magistratura. L’accusa viene da Magistratura Indipendente, la corrente più moderata delle toghe. «Si tratta di dichiarazioni generiche e infondate e che gettano discredito sulla magistratura» sostiene il leader del gruppo Francesco Coco, che esprime «perplessità e stupore» per il fatto che «nel momento in cui si contesta la delegittimazione della politica, si accusa in maniera ingiustificata e altrettanto delegittimante la magistratura». Le modalità scelte dai giudici di Milano per permettere agli avvocati di avere conoscenza delle intercettazioni «sono giuridicamente corrette», afferma Coco, e se fuga di notizie c’è stata, «è avvenuta molto prima, non certamente nella fase di dominio del magistrato, e ad opera della polizia giudiziaria. Basti pensare che la famosa telefonata di Fassino è stata pubblicata in una fase in cui gli atti non erano neppure pervenuti alla magistratura».

Fassino si difende Anche il segretario dei Ds Piero Fassino torna sulla pubblicazione delle intercettazioni sul caso Unipol e dice: «Le telefonate pubbliche dimostrano che io e D’Alema abbiamo avuto rapporti con Consorte solo al fine di essere informati sull’andamento della vicenda, dal momento che i giornali ne parlavano tutti i giorni. Con una girandola infinita di voci, illazioni, indiscrezioni. A conferma che il nostro comportamento è stato limpido c’è un dato: non risulta esserci alcuna telefonata mia a nessun altro che non fosse Consorte. Nè con Fazio, nè con Ricucci, nè con Statuto, nè con Coppola».

Intanto gli avvocati che difendono gli indagati nell’inchiesta sulla scalata di Antonveneta Avranno tempo fino al 10 luglio per prendere visione della perizia contenente le intercettazioni tra alcuni parlamentari e i loro assistiti.

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