Qualche volta magari è capitato anche a voi. Sei in ritardo su tutto, stai in difficoltà, o magari le cose non vanno proprio come dovrebbero e c'è da consegnare un lavoro o fare un pagamento. Quando tutto è perduto non vi resta che trovare una scusa. Bene, ce ne sono alcune che davvero non funzionano, in particolare quelle che hanno a che fare con il computer, la rete, il virtuale. Tipo: mi si è impallato il pc. Scusa da primi anni Novanta che ti fa fare solo la figura del dinosauro digitale. Oppure. Un virus si sta mangiando tutti i file, scompaiono uno dopo l'altro. Forse funzionava intorno all'era del Millennium bug, e comunque se non hai un antivirus decente non puoi lamentarti più di tanto. Ancora. «Non potete immaginare cosa mi è successo: sono sotto attacco da parte degli hacker». Su questa forse si può ancora abboccare. Capita. Anche se ogni volta ti vengono in mente stormi di spyware in volo, mostriciattoli in stile Space Invaders che marciano come falangi macedoni, guerre stellari e l'esercito dei cloni. Qualcosa di apocalittico o di epico, insomma. Comunque, capita. Se qualcuno non vi crede è probabilmente lui in malafede, uno di quelli che pensa male per abitudine mentale. È come quando state pagando il conto al ristorante e vi accorgete che vi si è smagnetizzata la carta di credito. Chi sta alla cassa vi guarda come a dirvi: mi auguro che tu abbia in tasca i contanti. Come fai a dimostrare che sei in buona fede? E come fa il ristoratore a dire il contrario? Bisogna fidarsi, con la carta di credito come con gli hacker. Capita, appunto. Per esempio è capitato a Grillo e al suo movimento. Stavano facendo le «quirinarie», insomma le primarie per indicare un presidente della Repubblica a cinque stelle e succede proprio quello che non ti aspetti. Il voto è inquinato, la rete grillina è stata violata e violentata dai soliti intrallazzatori, questa volta virtuali. Se ne sono accorti i super tecnici anti-hacker, la contraerea della democrazia diretta. Non c'è motivo per non crederci, solo che questa storia ci toglie un po' di illusioni, il sogno o l'utopia che in rete non si bluffa, la stagione della trasparenza e della glasnost, la vocazione democratica dei nuovi cittadini. È vero che i supertecnici hanno denunciato l'insidia, però sembra un po' di ritornare ai voti con la matita, all'inchiostro simpatico, ai rappresentanti di lista che in zona Cesarini fanno apparire e scomparire schede, agli scrutatori fin troppo zelanti nelle loro simpatie politiche, al sistema delle preferenze concordate per smascherare le promesse dei clientes. L'era della net-politica si porta in dote trucchi e mistificazioni da prima Repubblica, solo che questa volta non si fanno votare i morti, ma si assoldano i pirati o si usano come leggendario spauracchio. È la rivincita della carta. È la materia che sberleffa il virtuale. È la pesantezza dello spoglio burocratico del Viminale sulla leggerezza del «mi piace», «non mi piace». La repubblica dei blog non ha debellato i barbatrucchi. È come con i libri. Ci piacciono gli ebook, ma non c'è fretta, né ora né mai, di smantellare le biblioteche. Pensate che guaio se un hacker bruciasse, con un gran falò virtuale da Fahrenheit 451, tutti i libri che non ci piacciono.
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Cuomo a pagina 9
di Vittorio Macioce
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