Roma - Signori, si balla. Questa maggioranza caracolla su una strada di ciottoli. Ogni giorno uno scossone e poi di domenica, a quanto pare, si ondeggia di più. Pietro Grasso, presidente del Senato, accusa il Pdl di disfattismo e fa sapere che se salta il governo Letta non si va al voto, ma si inventa una nuova alleanza, magari con la polvere dei cinquestelle e altre alchimie. Berlusconi promette saggezza, ma nel suo partito che «ritorna al futuro» sono in tanti a non gradire la politica degli interventi anti crisi fatta di promesse e rinvii. Poi, verso sera, si sveglia Mario Monti e non si alza bene. Tanto che dà la sveglia al giovane Letta. «Deve dare solidità e slancio riformatore al suo governo, e di metterlo al riparo da possibili insidie provenienti dai travagli dei partiti, proponendo presto un testo di contratto di coalizione». La predica è chiara. Questo governo galleggia e sembra ogni giorno di più balneare. Non ha forza e solidità. La causa sono le fibrillazioni nei partiti. Non solo il Pdl, che certo non gradisce il destino giudiziario di Berlusconi e neppure la politica economica, ma soprattutto il Pd, dove le acque in superficie sono chete, ma sotto c'è un vulcano attivo. Il vulcano si chiama Matteo Renzi, che da anni pianifica il suo arrivo a Palazzo Chigi. La via che ora ha scelto è quella a tappe, che passa prima per la conquista del partito e poi punta verso la poltrona di premier. Siccome il sindaco di Firenze non manca di grossa ambizione c'è da giurare che non guarderà in faccia a nessuno pur di raggiungere il suo obiettivo. Non si farà scrupoli a far saltare tutti gli ostacoli che lo intralciano. Quelli più grossi sono Letta e la sua compagnia di ministri. Ergo: il governo ha una santabarbara nella stiva. E tanta gente che non vede l'ora di accendere la miccia.
Dove sono i pompieri? Dovrebbero stare al Quirinale, a Montecitorio e a Palazzo Madama. Ma a vederli da vicino non è che si stanno sbracciando per raccogliere acqua. Prendete Grasso, così pacioso e tranquillo in apparenza. In realtà anche lui con una gran voglia di fare ribaltoni. Forse perché si annoia a stare al Senato. È la sindrome di tutti i super partes. Capita che la poltrona si mostri troppo grigia, anonima, silenziosa, forse anche un po' noiosa e allora con il caldo, l'estate all'orizzonte, viene voglia di deragliare. Il super partes, l'uomo delle istituzioni, si veste da «partigiano». E vai, una bella sferragliata di parole contro gli avversari politici. È quello che è successo a Pietro Grasso, già capo dell'antimafia, papabile al Quirinale, ma soprattutto attuale presidente del Senato. Grasso parla con Repubblica e rompe la tregua. Parte e accusa il Pdl di disfattismo. I «falchi» del Cavaliere parlano troppo, stanno nella maggioranza, ma si comportano come opposizione e fanno «critiche deleterie». La sentenza di Grasso è che in questo modo aiutano gli speculatori. Sostiene: «Tutto ciò genera, e mi risulta dai contatti avuti a livello internazionale, insicurezza sulla stabilità delle nostre istituzioni che, trasmessa agli osservatori stranieri, può generare anche manovre speculative sui mercati esteri». Poi fa sapere che se cade Letta ci sarà un'altra coalizione. Questo poi dovrà spiegarlo pure a Renzi. Creata la tempesta si affretta a dire che la colpa è dei «titolisti» di Repubblica. Hanno forzato il suo pensiero. E questa è nella top ten delle scuse più frequenti.
Curiosità. Monti non parla più con i giornali tradizionali. Ora i suoi pensieri politici corrono su Facebook. È lì che rampogna Letta e la sua maggioranza. Quando propone un patto scritto di maggioranza, da buon preside, pretende anche delle regole di comportamento.
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