Per Alemanno spunta la grana dei filobus

Indagine sull'acquisto di 45 mezzi: inchiesta su una presunta tangente da 600mila euro, il sindaco smentisce

Per Alemanno spunta la grana dei filobus

Una tegola sul sindaco di Roma Gianni Alemanno a quattro mesi dalle elezioni in cui si gioca la riconferma al Campidoglio. Edoardo d'Incà Levis, l'imprenditore veronese che da quarant'anni risiede a Praga e che è stato arrestato un mese fa nell'ambito dell'indagine su una presunta tangente per la fornitura di autobus nella capitale, avrebbe tirato in ballo la segreteria del sindaco. Sarebbe stata lei, infatti, la «destinataria delle risorse finanziarie». Vale a dire una bustarella di 600mila euro che la Breda Menarinibus avrebbe sborsato utilizzando il meccanismo delle sovrafatturazioni per ottenere la fornitura di 45 mezzi destinati al cosiddetto Corridoio Eur-Laurentina-Tor Pagnotta, alla periferia Sud della capitale. Un affare da venti milioni che risale al 2009. I mezzi peraltro non sono mai entrati in funzione.

D'Incà Levis è accusato di essere il mediatore della bustarella. Sarebbe stato lui a procurare il denaro in nero necessario per la tangente. Interrogato l'8 gennaio dal gip di Roma Stefano d'Aprile, l'imprenditore veronese ha detto che sarebbe stato Roberto Ceraudo, amministratore delegato della Breda Menarinibus, a fare riferimento alla donna nel corso di una conversazione su Skype. Pronta la smentita di Alemanno: «Non ho idea di chi sia il signor D'Incà Levis e né il sottoscritto né la mia segreteria si sono mai occupati di interferire nelle assegnazioni di appalti di qualsiasi genere, compreso ovviamente quello riguardante l'inchiesta in questione. Escludo nella maniera più categorica che membri della mia segreteria possano essere tra i destinatari di somme in denaro per questo o per qualsiasi altro affare».

Ceraudo è agli arresti da martedì scorso. Ieri l'ad della Menarinibus è stato interrogato per cinque ore. L'atto istruttorio, svolto nel carcere di Regina Coeli, segue l'interrogatorio di garanzia, avvenuto a Napoli, durante il quale il manager si era avvalso della facoltà di non rispondere. Ieri invece ha risposto alle domande del pm Paolo Ielo, titolare dell'inchiesta. Gli inquirenti non si sbilanciano sul contenuto dell'interrogatorio avvenuto ieri, ma pare probabile che nei prossimi giorni Ceraudo sia ascoltato nuovamente.
Secondo il castello accusatorio degli inquirenti 150mila euro della tangente sarebbero finiti nelle tasche di Riccardo Mancini, ex amministratore delegato dell'Ente Eur e considerato un fedelissimo dello stesso Alemanno.

Mancini giovedì scorso aveva annunciato le sue dimissioni «sia in riferimento a non trascurabili problemi di salute che da tempo mi affliggono sia per poter difendere in qualsiasi sede la mia onorabilità». In difesa di Mancini si era schierato lo stesso Alemanno, che aveva elogiato il «senso di responsabilità» del manager» e si era detto «convinto che riuscirà a dimostrare la sua estraneità ai fatti».

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