Altro crollo a Pompei, sospetti sui custodi

La strategia sindacale per ottenere maggiore attenzione da parte delle istituzioni passerebbe anche attraverso "allarmi pilotati"

Altro crollo a Pompei, sospetti sui custodi

Vicolo Storto non è una casella del Monopoli. È il pezzo di una città che Dio ha voluto fotografare nell'attimo della morte. Quella città è Pompei. L'incredibile Pompei, l'inestimabile Pompei, un luogo dell'antica Roma dove il Vesuvio ha operato una tragica magia. Il tempo lì si è fermato. Per sempre, o quasi. Purtroppo questa città si trova in Italia. E qui accadono cose assurde. La prima è che tu hai una macchina del tempo fatta di cenere e lapilli e lasci che vada in frantumi come un castello di sabbia. È già il segno di un masochismo nazionale. Non sai come conservarla. Non sai come creare ricchezza da questo capitale e ora c'è perfino il sospetto che i sindacati tifino contro.

In vicolo Storto c'è una bottega. Sarà la pioggia, sarà che sono tempi cupi per artigiani e commercianti, sarà che qualcuno si è appoggiato un po' troppo, fatto sta che la parte superiore di un pilastro in laterizi si è sfarinato. Poca roba. Solo che a Pompei anche la polvere è oro. E un pilastro che si sbriciola è un altro segno di incuria. Se ne è accorto un custode e il sindacato interno ha avvisato i carabinieri. Qualcuno comincia a pensare con un po' di malizia che questi piccoli cedimenti non siano poi così casuali. Fanno parte di una strategia. Di certo c'è che il sindacato ci sta costruendo su una campagna per chiedere nuove assunzioni. Se ogni giorno da Pompei arriva la notizia di un danno allora può stracciarsi le vesti: manca il personale, mancano operai. Il brutto sarebbe se qualcuno non si limita a tifare ma ci soffia su. Il sospetto è proprio questo.

Impossibile? Forse. È che certe volte la cultura sindacale non è al di sopra di ogni sospetto. Questi sono gli stessi che hanno scioperato domenica mattina lasciando 500 turisti in attesa. È il marketing all'italiana. Ricordate i forestali che bruciavano i boschi per pretendere più mano d'opera e lavorare di meno? Ecco. A volte capita. Capita che giochi a perdere. Capita che prima ingessi l'Italia in una paludosa Pompei e poi lasci che ogni giorno si frantumi in piccoli pezzi.

Allora Pompei non è solo Pompei. È lo specchio di un Paese imbalsamato. È la sua metafora. È il destino peggiore che ci possa capitare. Non solo non avere più un futuro, ma lasciare che il passato si maceri, con la meschina speranza che prima o poi quel che resta dello Stato ci metterà una pezza. E questa purtroppo è la strategia sulla quale da più di trent'anni il sindacato più ottuso si è barricato. Non è neppure luddismo. È un suicidio. È il suicidio dello stesso sindacato. È una delle ultime caste di intoccabili.

C'è grande bisogno di un sindacato, ma di un sindacato diverso. Le botteghe di Pompei magari stanno crollando da sole. Forse chi pensa male fa peccato. Ma quel vicolo Storto sembra proprio il riflesso dell'Italia. La sua anima più marcia.

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