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"Amarezze e ingenerosità...". L'addio di Letta al Pd

L'ex premier lascia un partito spaccato dalle divisioni e supplica i compagni: "Vi chiedo di cambiare una cosa. Dobbiamo vivere un senso di unità"

"Amarezze e ingenerosità...". L'addio di Letta al Pd

"Le amarezze e le ingenerosità le tengo per me". Ultimo atto, giù il sipario. L'atmosfera era da dramma shakespeariano, con l'attore protagonista in scena per il monologo finale. Al discorso con cui Enrico Letta ha concluso il proprio mandato alla segreteria del Pd mancavano solo gli struggenti violini d'accompagnamento. Per il leader dem, infatti, l'addio alla guida del partito ha avuto i toni melanconici di chi lascia con orogoglio ma pure con qualche cruccio. "È stato giusto tenere duro e arrivare qui oggi", ha osservato l'ex premier, arrivando addirittura a evocare una citazione di San Paolo.

Pd, l'addio di Letta

Letta infatti ha rivendicato infatti di aver combattuto la "buona battaglia", rivelatasi però - a giudicare dagli esiti elettorali - nient'altro che una disfatta. Quello che il segretario uscente consegna ai compagni è difatti un partito ridotto ai minimi storici nei consensi e fortemente diviso al suo interno. Alle continue guerre intestine, peraltro, ha fatto riferimento lo stesso Enrico, che nel proprio discorso ha supplicato i suoi così: "Chiedo a ognuno di voi di cambiare una cosa fondamentale, che per me è stata la più complicata da vivere. Il segretario del Pd non può passare tutta la sua giornata a mettere tutte le sue energie nella composizione degli equilibri interni e poi alla fine della giornata pensare a cosa dire agli italiani. Perché così siamo rovinati. Il segretario deve pensare sin dal mattino a cosa dire agli italiani e a costruire un progetto che parli alla vita delle persone".

La mancata unità dem

Un quadretto assai poco edificante, con la descrizione di un partito che - per sua stessa ammissione - fatica a raccontare il proprio progetto agli italiani. "Noi dobbiamo vivere un senso di unità e di rispetto tra noi, che viene prima di tutto. La forza del nostro partito è insostituibile per la democrazia italiana", ha implorato ancora Letta, ormai con le valigie in mano. Il leader continuerà a guidare il partito fino al 26 febbraio prossimo, ma l'assemblea nazionale odierna era di fatto la sua ultima convention ufficiale. Poi la patata bollente passerà nelle mani di chi assumerà le redini del Pd: Stefano Bonaccini ed Elly Schlein sono i principali competitor in lizza.

"Falliti i tentativi di sostituire il Pd"

Ripercorrendo quel che è stato, Letta ha anche denunciato che "sono stati mesi difficili perché c’è stato chiaramente un tentativo di sostituire il Pd, un tentativo che oggi possiamo dire che è fallito". Qualcuno sorriderà parlando forse di complottismo, anche se la ricostruzione più corretta è a nostro avviso quella dell'autosabotaggio. I dem, infatti, sono stati i primi a indebolire il loro peso politico attraverso un'azione poco costruttiva, risoltasi nel vano tentativo di ostacolare e infangare l'ascesa di Giorgia Meloni. Mentre il Pd guidato da Letta lanciava l'inesistente allarme fascismo, erano gli stessi simpatizzanti di sinistra a lamentare una strategia comunicativa destinata a fallire.

Il Manifesto Pd e il ritorno al passato

"Esco più determinato di quanto ho cominciato, esco più innamorato del Pd di quando ho cominciato, vi assicuro che non costruirò un partito alternativo al Pd. Non mi sono pentito di essere tornato da Parigi", ha aggiunto l'ex premier, lanciando poi il Manifesto che sancirà la nascita di un "nuovo Pd". Chi lo vota - ha arringato Letta - "vota a favore della base politica della nascita del nuovo Pd, a tutti gli effetti". In realtà il documento è solo un inesorabile ritorno al passato. Il suddetto Manifesto è infatti preludio al possibile ritorno nell'alveo dem di esponenti di Aricolo 1.

"Di fronte a questa destra l’unità non è un'opzione ma una scelta politicamente e moralmente obbligatoria", ha fatto sapere Roberto Speranza, presente all’assemblea dem. "Abbiamo giocato troppo sulla difensiva negli ultimi anni. Anche dentro di noi è entrata l'idea che la parola partito passa essere considerata una parolaccia. Dopo 30 anni di anti politica oggi paghiamo un conto salato, dobbiamo riscoprire orgoglio, identità di soggetti riconosciuti dalla Costituzione", ha aggiunto.

Letta se ne va e per il momento è ancora tutto come prima.

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