
Roma Lo spread che sale mette di buonumore la Germania. Che come una donna con il portafoglio gonfio pensa di concedersi un po' di shopping. Made in Italy, perché no? Nella nostra vetrina i tedeschi hanno già adocchiato un paio di pezzi pregiati: Unicredit, tra i primi gruppi bancari europei e mondiali, con 40 milioni di clienti e filiali in oltre venti Paesi di tutto il mondo; e Finmeccanica, vanto dell'industria italiana, attiva nei campi dell'aeronautica, della difesa, dell'energia, con ricavi a bilancio negli ultimi anni regolarmente superiori a 15 miliardi l'anno e con una sostanziosa partecipazione pubblica. Due aziende sane preda però degli appetiti stranieri, come dimostra il caso di Ansaldo Energia, uno degli asset di Finmeccanica, per la quale Giuseppe Orsi, numero uno del gruppo, vede un futuro straniero: «Credo che Ansaldo Energia debba trovare la sua corretta collocazione nell'ambito di un grande gruppo internazionale, che possa consentire il suo sviluppo». Parole che preoccupano l'ex ministro Claudio Scajola: «Ansaldo Energia è un'azienda strategica per il nostro Paese. Non è pensabile privarsi di un asset di così grande rilievo in un settore strategico come quello energetico perché finisca poi in mani straniere».
Il fatto è che Finmeccanica e Unicredit a Piazza Affari sono sottodimensionate rispetto al loro vero valore e alla loro solidità. Insomma, merce in saldo. Non roba da bancarella, intendiamoci. Cappotti in cachemire della migliore boutique, ma su cui è apposto un cartellino che segnala uno sconto davvero imperdibile. Da qui la pazza idea dei tedeschi di farsi strada nella compagine societaria di Unicredit e Finmeccanica. Progetti complessi e tortuosi ma tutt'altro che irreali, che sarebbero certamente favoriti da un permanere dello spread a quote stratosferiche. La forbice tra il rendimento dei Bund tedeschi e quello dei Btp italiani è diventato infatti ormai a torto o a ragione l'indicatore primo della salute delle economie di Berlino e di Roma. L'equazione, semplicistica finché si vuole ma finora efficace è la seguente: spread alto uguale mancanza di ossigeno per le imprese italiane e uguale tassi di finanziamento risibili per le imprese teutoniche. Loro buoni, ricchi e spendaccioni; noi cattivi, poveri e con la mercanzia sul tappeto.
Insomma, perché ai tedeschi dovrebbe interessare abbassare lo spread? Ieri Monti ha posto la questione del differenziale tra tassi come un interesse comune all'Eurozona, una questione di lealtà e in fondo anche un po' di giustizia. «Se i Paesi che stanno facendo, a giudizio di Bruxelles, quello che devono fare e non vedono riconosciuto questo a livello di spread allora c'è un problema perché agli occhi dei cittadini vengono messe in dubbio la bontà delle politiche economiche del governo e la bontà del progetto europeo». Belle parole.
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