
Incapaci di trovare punti in comune in casa, i partiti di sinistra devono affidarsi all'effetto trasferta con i principali esponenti del campo largo volati a Budapest per partecipare al Pride vietato da Orbán. Nessun accordo sulla politica estera, sul riarmo, sull'economia, silenzio sui temi sociali e sul sostegno ai ceti più deboli ma tutti insieme quando si tratta si salire sul carro del gay Pride. Così oggi sono attesi in Ungheria circa trenta parlamentari del campo largo inclusi Elly Schlein e Carlo Calenda, oltre alle delegazioni di Italia Viva con Ivan Scalfarotto, di +Europa con Riccardo Magi, di Avs con Benedetta Scuderi e del M5S con sei esponenti grillini tra cui l'europarlamentare Carolina Morace e la senatrice Alessandra Maiorino. Alla reunion mancherà Ilaria Salis che, diventata europarlamentare, non è stata giudicata nel processo a suo carico in Ungheria a causa dell'immunità. Immancabile invece il riferimento al governo Meloni da parte del responsabile diritti del Pd Alessandro Zan: «Ci saremo per dire no a ogni deriva autoritaria, anche quella del governo Meloni».
A Budapest ci sarà anche una pattuglia di europarlamentari europei guidati da Irate
García Pérez, presidente del gruppo dei socialisti. A proposito di Europa, dopo le parole di Ursula von der Leyen che ha chiesto lo svolgimento del Pride poiché «il divieto è contro i valori Ue», Hadja Lahbib, commissario Ue per la parità, ha annunciato che valuterà se partecipare mentre il Commissario del diritti umani del Consiglio d'Europa Michael O' Flaherty ha espresso «profondo disappunto per la decisione di vietare il Budapest Pride». Intanto Viktor Orbán ha avvertito i partecipanti: «Raccomando a tutti di rispettare le leggi, io lo faccio, e consiglierei loro di fare lo stesso. Se non lo fanno, devono tenere conto delle chiare conseguenze legali». Eppure la sinistra italiana, così solerte nel difendere i diritti delle minoranze in Ungheria, non dice nulla sui Pride in Italia dove vengono sventolate le bandiere della Palestina (non proprio nota per il rispetto dei diritti Lgbt) e dove i membri della comunità Lgbt ebraica non possono manifestare. Sono infatti recenti le contestazioni a Keshet Europe, associazione che raggruppa ebrei Lgbt europei a cui nel Pride di Roma hanno gridato «assassini» e «terroristi», mentre a Firenze è stata rifiutata la partecipazione di Keshet Italia con le bandiere arcobaleno con la stella ebraica da parte del Toscana Pride. Così
oggi la comunità ebraica di Milano non parteciperà al Pride previsto in città perché in dissenso sull'uso del termine genocidio per descrivere quanto accade in Palestina. Come spiega il direttore del Museo della Brigata ebraica di Milano Davide Romano: «Non potrò partecipare al Pride di Milano perché si autorizza l'uso di termini che mettono a rischio di aggressioni la comunità ebraica ed in particolare gli ebrei Lgbt» mentre per l'associazione degli ebrei Lgbt «non è sicuro partecipare ai cortei di Milano e Bologna».
Come dimenticare poi i cartelli sessisti contro Giorgia Meloni esposti proprio dai carri del Pride da membri dell'opposizione, prima di indignarsi per quanto avviene in altre nazioni europee, la sinistra farebbe bene a guardare in casa propria.