Non ne facciamo una questione «politica», ma di civiltà. Non è umano che nelle carceri si viva come in carri bestiari. Ciò dovrebbe valere in tutto il mondo, ma soprattutto in Italia, cosiddetta «culla del Diritto». Va quindi salutata con favore l'indicazione contenuta in alcune ordinanze emesse la scorsa settimana dal Tribunale di sorveglianza di Venezia in cui si prescrive come il carcere lagunare di Santa Maria Maggiore debba garantire più spazio nelle celle (dai 3 ai 7 metri quadri di spazio vitale), pena il pagamento di 100 euro al giorno ai detenuti che si trovano in aree sovraffollate: insomma un vero e proprio risarcimento a favore di quei carcerati costretti a espiare la pena in condizioni logisticamente invivibili. Una linea di condotta prevista in attuazione del decreto 146 dello scorso dicembre, il cosiddetto «svuota carceri», e ora sollecitata dal Tribunale di sorveglianza alla luce dei reclami presentati da una quindicina di detenuti, in gran parte reclusi nel carcere veneziano. Ricorsi che - come riporta La Nuova Venezia - riguardano alcune strutture e servizi interni ritenuti non adeguati e poi lo spazio disponibile per ogni singola persona. Le prime istanze sono state respinte, mentre i giudici hanno accolto i reclami relativi allo «spazio vitale» ordinando all'amministrazione penitenziaria di garantire dai 3 ai 7 metri quadri per detenuto. Il ministero della Giustizia adesso potrà impugnare le ordinanze tramite l'avvocatura dello Stato entro 15 giorni. Sta di fatto che l'indicazione del Tribunale di sorveglianza è destinata a fare giurisprudenza e che se, anche gli altri Tribunali di sorveglianza italiani si allineassero alla direttiva dei loro colleghi veneti, lo Stato rischierebbe di versare risarcimenti per milioni di euro: un esborso però del tutto teorico, considerato che il decreto è privo di qualsiasi copertura finanziaria. Sta di fatto che le condizioni della maggior parte delle nostre carceri sono pietose e ben pochi sono, al momento, gli istituti di pena che riuscirebbero a garantire ai loro «ospiti» i previsti «7 metri di spazio vitale». «Queste ordinanze sono tra le prime in Italia - affermano i dirigenti del tribunale di Sorveglianza, interpellati da La Nuova Venezia -. Il reclamo può essere presentato quando inosservanze dell'amministrazione comportino attuale e grave pregiudizio ai diritti dei detenuti. Primo fra tutti il pregiudizio derivante dal sovraffollamento delle carceri, riconosciuto dalla Corte europea e dalla Corte Costituzionale». Il reclamo - spiegano gli esperti - mette in moto una sorta di «processo» davanti al magistrato di sorveglianza, con la convocazione delle parti. Così è avvenuto quando sul tavolo degli uffici di sorveglianza del Veneto sono arrivate le istanze di 15 detenuti, per la quasi totalità reclusi a Santa Maria Maggiore. Che cosa lamentavano i carcerati? Sostanzialmente una condizione di disagio nelle celle a cominciare dallo spazio a disposizione, inferiore a quei 7 metri per persona che il Consiglio d'Europa ha prescritto come superficie minima in una cella. Ma non basta, i detenuti hanno avanzato altre richieste: illuminazione naturale, bagno chiuso, possibilità di trascorrere otto ore fuori dalla cella. Contro i reclami si è costituito il ministero di Giustizia, chiedendo il rigetto degli stessi. Una posizione - quest'ultima - di avvilente retroguardia, considerato che ai detenuti non può essere negato il diritto di vivere in condizioni umane.
Un paese civile, in tema carcerario, dovrebbe essere in grado di imporre due direttrici imprescindibili: certezza della pena e capacità di far espiare tutta la condanna in strutture moderne che concorrano al recupero del detenuto. In Italia, purtroppo, restano una chimera entrambe le cose.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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