"Dopo la prima coltellata lei mi chiedeva il perché. Non riuscivo a lasciarla"

Lissi confessa l'omicidio della moglie e dei bimbi: dopo la strage va a vedere la partita. Si era invaghito di una collega che però l'aveva rifiutato

"Dopo la prima coltellata lei mi chiedeva il perché. Non riuscivo a lasciarla"

Quando Cristina ha sentito la fitta al collo ha lanciato un grido disperato, poi si è girata, ha visto il marito con il coltello in mano e l'urlo è diventato una parola ripetuta più volte: «perché?» fino a cadere a terra morta. Il motivo l'ha poi spiegato l'assassino ai carabinieri: «Volevo separarmi ma non avevo coraggio di chiederlo a mia moglie». Quindi ha raggiunto i due figli e con un solo colpo ha tagliato loro la gola. Poi è andato a vedere la vittoria dell'Italia sull'Inghilterra, esultando, come chiunque, altro ai due gol. Per tornare infine a casa e lanciare l'allarme avendo «trovato» la famiglia sterminata.

Un piano diabolico, ma approntato in maniera tanto sgangherata da durare poche ore, poi i carabinieri lo hanno subito puntato, tenuto sotto torchio 24 ore fino a quando nella notte tra domenica e lunedì, è crollato. «Sì sono stato io, ora dovete darmi il massimo della pena». E qui inizia l'agghiacciante racconto di Carlo Lissi, 32 anni, sposato da sei anni Cristina Omes, 39, due figli di cinque anni e 20 mesi, Giulia e Gabriele. Una catena divenuta insostenibile soprattutto quando sul lavoro, tecnico informatico presso la Wolters Kluwer, conosce una ragazza di cui si invaghisce. Senza fortuna, lei è fidanzata e non vuole saperne di lui.

Ma questo sembra essere la molla che scatena la sua follia omicida, premeditata o meno non è ancora chiaro. «Noi abbiamo arrestato e fatto confessare l'assassino, se avesse pianificato il delitto oppure sia stato un raptus, spetterà alla magistratura chiarirlo» ha spiegato il generale Maurizio Stefanizzi, comandante dei carabinieri di Milano. Di sicuro fino alle 23 di sabato tutto sembra normale nella villetta di via Ungaretti 20 a Motta Visconti. I coniugi portano al piano superiore i figli, mettono la bimba nella sua cameretta, aspettano che il piccolo si addormentati sul lettone, per poi scendere in soggiorno ad amoreggiare. Dopo aver consumato un rapporto, Carlo con gli soli slip addosso va in cucina, afferra un coltello e uccide prima la moglie poi i figli.

Poi scende in taverna, si lava, apre la cassaforte, toglie i gioielli della moglie, esce per raggiungere gli amici al bar per vedere la partita e per strada getta il coltello in un tombino. Poco dopo le due torna a casa e «scopre» la strage. Quando arrivano i carabinieri racconta: «Appena tornato mi sono spogliato in taverna, per non svegliare i piccoli, sono salito in soggiorno e ho trovato Cristina a terra in un lago di sangue, l'ho abbracciata, ma era ormai morta. Sono corso al piano di sopra, le camera erano in disordine, poi ho visto i bimbi morti sul letto. Mi sono rivestito e ho chiamato i soccorsi».

La versione non convince gli inquirenti: l'uomo non ha una goccia di sangue su mani e abiti, come sono puliti gli interruttori e le maniglie delle porte che lui avrebbe toccato dopo aver abbracciato la moglie. Inoltre la cassaforte è stata aperta e svuotata ma senza effrazione, quando la combinazione è nota solo ai due coniugi. È stato lui, però bisogna trovare il movente. Sentendo amici e conoscenti, setacciando il profilo facebook e il cellulare gli investigatori scoprono la sua passione per una collega della Wolters. La donna viene rintracciata solo in serata. Racconta della corte insistente di Lissi, per altro sempre respinta: «Ho comprato casa a settembre con il mio fidanzato, presto ci sposeremo, figurarsi se pensavo a Carlo».

Ora i carabinieri hanno anche il movente. In tarda serata riprendono a interrogarlo. Lo mettono di fronte alle tante contraddizioni.

Alla fine ammutolisce, si copre il volto con le mani e dopo qualche minuto prima sussurra: «Premetto che voglio che mi sia dato il massimo della pena» poi inizia: «Sono tornato in salotto e mia moglie era seduta sul divano che guardava la televisione. Da dietro l'ho colpita, credo alla gola. Lei si è subito alzata ed ha cercato di scappare verso sinistra io l'ho raggiunta e l'ho colpita nuovamente all'altezza del collo, se non ricordo male da davanti. Lei a quel punto a cercato di prendermi il coltello afferrandomi la mano destra.

Inizialmente ha detto “no” e poi ha solo continuato a gridarmi “perché?...perché?”. Dopo che lei si è accasciata a terra sono salito su al piano superiore e sono andato in camera di Giulia, la porta era aperta ma lei dormiva non aveva sentito nulla. Era a pancia in su. Ricordo solo che le ho dato una coltellata alla gola.

Dopo che ho estratto la lama lei si è girata di lato e così è rimasta. Non ha detto nulla. Poi sono entrato in camera da letto dove c'era mio figlio Gabriele. Anche lui dormiva e non si era accorto di nulla.

Era a pancia in su e anche a lui ho dato un'unica coltellata alla gola». Quando anche gli inquirenti, dopo la moglie, chiedono «perché?» risponde con un disarmante: «Non avevo il coraggio di chiedere a mia moglie di separarci».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica