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Via alla commissione Covid. E Conte insulta

Istituito l’organismo che valuterà le responsabilità durante la pandemia. L’ex premier: maggioranza codarda

Via alla commissione Covid. E Conte insulta

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A quasi quattro anni di distanza dallo scoppio «ufficiale» del Covid in Italia, e dopo l’ok del Senato, alla Camera arriva finalmente il via libera (132 i sì, 86 i no e 1 astenuto) alla commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia da parte del governo giallorosso di Giuseppe Conte e del suo ministro della Salute Roberto Speranza. Non è un caso se proprio da M5s, Alleanza Verdi-Sinistra e Pd siano partiti gli strali contro il via libera all’indagine parlamentare, a cui spetterà il compito di restituire una verità ufficiale sul perché questo Paese ha avuto un’incidenza di morti più alta di altre nazioni nonostante due lockdown, vaccinazione obbligatoria e limitazioni severissime alle libertà individuali.
Esultano i parenti delle vittime della Bergamasca («È l’ora della verità»), il più spaventato è ovviamente lo stesso ex premier, che ha inscenato una gazzarra parlamentare dopo alcune dichiarazioni in aula di Alice Buonguerrieri.

La deputata Fdi e relatrice del provvedimento ha avuto l’ardire di ricordare come solo grazie ad alcune iniziative al Tar l’esecutivo di allora è stato «condannato» e costretto a rendere noti «atti e documenti che venivano tenuti secretati nel Palazzo mentre la gente fuori moriva». «Falsità, nessuna condanna», è la pasticciata difesa di Pd e M5s, con l’ex ministro Speranza che parla di «intervento squadrista». Nel mirino finisce anche il vicepresidente dell’aula Fabio Rampelli, accusato dal Pd di «non aver tutelato le opposizioni dal discorso ingiurioso e violento della Buonguerrieri» e di essersi rivolto con veemenza a Conte e Speranza durante la sospensione dei lavori».
La verità delle carte è un altra.

Non è dato sapere (ancora) quanto abbia inciso nella claudicante gestione del Covid un esecutivo impreparato e soprattutto la mancata applicazione di un piano pandemico che, sebbene non aggiornato dal 2006, avrebbe dovuto essere messo in atto. Purtroppo l’indagine della Procura di Bergamo non è riuscita a dare risposte certe, visto che, nono- stante le migliaia di pagine e la superperizia di Andrea Crisanti, per il Tribunale dei ministri di Brescia non è stato dimostrato il nesso causa-effetto tra le decisioni del governo sulla Zona rossa e il propagarsi del contagio mortale nella Bergamasca, cluster da cui il virus ha infettato l’Italia e l’Europa. Tutte da chiarire anche le eventuali responsabilità nella diffusione del contagio legate all’improvvido sdoganamento di mascherine contraffatte in cambio di laute provvigioni - soprattutto quelle acquistate incautamente dal commissario alla gestione della pandemia Domenico Arcuri - su cui alcune inchieste della magistratura stanno indagando da tempo, da Forlì a Roma e Milano.

Ma per i Cinque stelle il vizio d’origine della commissione d’inchiesta sta nel mancato coinvolgimento del Regioni. «Non ho alcun timore per le indagini, ma il perimetro di indagine non contempla chi gestisce la sanità, segno di codardia della maggioranza», sibila Conte. «Siamo stati archiviati, grave e inaccettabile parlare di condanne», insiste invece Speranza.

«Cercheremo la verità su tutto, su ogni cosa.

Senza zone d’ombra, senza remore, senza sconti ed eccezioni, senza interessi da proteggere», è la controreplica della Buonguerrieri.

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