
Assomiglia a qualcosa che va molto vicino a un avviso di sfratto quello che è stato lanciato dalla minoranza del Partito Democratico rappresentata da Stefano Bonaccini alla vigilia della riunione di "Energia Popolare", l'area guidata proprio dall'ex presidente della Regione Emilia-Romagna. L'attuale parlamentare europeo era presente questa sera a Fenix, la festa di Gioventù nazionale in corso a Roma, e a chi gli chiedeva della situazione emersa dall'opposizione interna alla Schlein in vista anche della direzione nazionale dem convocata per martedì, ha inizialmente ha garantito che "non si tornerà alle correnti e alle correntine di prima". Poi, tuttavia, non ha mancato di scagliare delle frecciatine alla segretaria.
"Se stiamo alle prospettive, io credo che sarebbe abbastanza deleterio andare a discutere di noi mentre si vota da qui a novembre in sette regioni che complessivamente valgono oltre un terzo degli aventi diritto nel paese, e che quindi è un test nazionale", avverte Bonaccini. Poi, l'illustrazione di una sorta di cronoprogramma del Pd da qua alla conclusione dell'autunno: "Le somme si tireranno, come ho detto in tutti gli appuntamenti pubblici in queste settimane, dopo le ultime tre regionali di novembre".
E poi rimane in piedi un altro interrogativo: perché questa direzione ora dopo che un pezzo del partito la chiedeva da mesi? "Faremo in tempo a discutere, discuteremo delle cose che vanno e quelle che magari andrebbero corrette o migliorate nel partito dopo le regionali – ha quindi il presidente del Partito Democratico –. Non mi ha mai fatto velo a me dire quello che penso. La rappresentanza dei riformisti nel partito è bene evidente in tutta Italia, dal nord al centro al sud".
Il pezzo riformista del centrosinistra (e la sua conseguente visibilità per le elezioni) resta un pallino di Bonaccini: "C'è una grande area politica, che peraltro incide parecchio, ha una certa impronta e nessuno si è messo mai a giocare con le bandierine". L'ex amministratore locale è più che mai convinto che questo non debba per forza avere un valore in sé, ma "di chi si candida alla guida nelle regioni ed è successo anche in tanti Comuni".
Insomma, le liste saranno "piene di tantissimi candidati e candidate che potremmo chiamare riformisti o riformiste, seppur l'importante è che siano nel Partito Democratico". La prossima settimana, intanto, andrà in scena il primo capitolo della resa dei conti tutta "democratica".