Il piombo e le molotov cambiano tutto. Questo resta un Paese dove si pagano troppe tasse, la Spoon River degli imprenditori suicidi, dove ogni fallimento è una croce, è la beffa di una cultura che ama i sussidi pubblici e bestemmia contro il capitalismo. Lo Stato continua a tutelare i furbi e a non vedere i deboli. Tutto questo non cambia. Ci sono, però, incroci della storia in cui bisogna scegliere da che parte stare. E tra Equitalia e i terroristi non ci può essere confronto: tu, noi e tutti quelli che non credono nell’ideologia del sangue stanno con Equitalia. È così. Non può non essere così. E bisogna scriverlo a nove colonne. Equitalia è la legge. È la parte buona. Non esistono più se e ma. Non contano gli interessi e neppure le file per pagare. Noi stiamo con gli esattori e i pubblicani.
I motivi sono tanti e profondi. Non possiamo permetterci il lusso come hanno fatto giornalisti e intellettuali negli anni ’70 di dire né con lo Stato né con le Br. E questo lo dici da libertario, da uno che ancora crede nella società aperta, nel capitalismo e nel libero mercato, uno che non ha mai avuto il culto dello Stato. È la stessa scelta che fanno gli artigiani di Mestre: «È sbagliato ed irresponsabile accanirsi contro Equitalia. Fa solo il suo dovere».
Gli esattori sono come i poliziotti. Lavorano. Qualche volta bene, qualche volta meno. Ma sono uomini. Non sono una divisa. Non sono un simbolo. Non sono manichini da far saltare in aria o a cui sparare alla nuca. Non sono il male. È una cosa banale che non passa mai nella testa dei terroristi di oggi e di ieri, di sempre. C’è sempre questo maledetto demone che bivacca nel cervello del rivoluzionario di turno e gli toglie ogni briciolo di umanità. Cominciano a dividere il mondo in buoni e cattivi. Si convincono di essere i giusti, quelli che spazzano via dalla faccia della terra tutto il male e in nome di qualche ideale assoluto, di un paradiso ideologico, creano per una serie di stagioni il più cretino degli inferni. Questi qui quando sparano o ammazzano cancellano il volto dell’uomo dalla faccia delle loro vittime. Parlano di anarchia e di libertà. Ma l’unica cosa che ottengono è di far sprofondare le loro vite nell’inumano. È stato così con le Br. Basta chiederlo a Moretti, alla Balzarani, a Morucci, allo stesso Curcio che pure non si è mai trovato per destino a sparare. Basta chiederlo di nuovo a quell’eterno professore di nichilismo che è Toni Negri, uno che continua a evocare il rumore della violenza. E prima di loro ce ne sono stati altri, in Italia e altrove, fin dalla notte dei tempi. Sono gli eterni nemici della democrazia e della società aperta. Tutti inesorabilmente ciechi. Non riescono mai a vedere l’uomo che c’è sotto il vestito.
Lo scriveva qualche tempo fa su queste stesse pagine Nicola Porro. L’Italia è strana. Prima si alza la cultura dell’indignazione contro gli evasori. Si superano anche alcuni limiti, fino a considerare con una dose di razzismo sociale certe categorie, come artigiani e commercianti, la feccia che sfugge al Fisco. Si chiedono poteri straordinari anti evasione, come il fermo amministrativo delle auto e l’ipoteca sulla casa.
Lo Stato può entrare nei tuoi conti correnti, può spiarti ovunque, e pretendere tutto. L’Agenzia delle entrate e Equitalia stanno usando questi poteri. È chiaro che non riscuotono in cambio simpatia. Nessuno sorride ai gabellieri. Eppure è questo il momento di stare con i «poliziotti» del Fisco. Tutti. Anche chi non né può più delle tasse. Anche quelli come Martinelli che «sbroccano» per l’ennesima cartella esattoriale. Bisogna stare con gli esattori per difendere la nostra libertà. Le cellule anarcoinsurrezionaliste sono un paradosso ideologico. Si battono contro le tasse con la speranza di mettere un giorno le loro tasse. Combattono questo Stato per sognarne uno più grande e cattivo. Si dicono anarchici e individualisti ma sono statalisti e assolutisti. E soprattutto sparano. Arciconvinti di essere il bene.
C’è una famosa tela di Caravaggio a Roma, in San Luigi dei Francesi. È la Vocazione di San Matteo. Matteo il pubblicano, Matteo l’apostolo.
C’è una taverna dove quelli come lui sono rinserrati, al buio, con le finestre sbarrate e una luce che spacca la notte. È l’immagine di come si sentono i dipendenti di Equitalia in questi giorni. Solo che manca la luce. È per questo che adesso bisogna stare con loro. Abbassiamo le tasse e tifiamo per gli esattori.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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