
Il centrodestra trova la quadra sul fine vita grazie a un giudice. Un giudice tutelare che, secondo le bozze della proposta unitaria partorita oggi a Palazzo Chigi dopo una riunione di maggioranza, dovrebbe decidere su quando può intervenire il medico per il suicidio assistito.
La proposta è nata nei giorni scorsi dentro il Comitato ristretto sul fine vita, per provare a dare sostanza giuridica alle indicazioni al Parlamento fornite dalle recenti sentenze della Corte Costituzionale che hanno escluso la punibilità del medico che partecipa al suicidio assistito di un paziente, aprendo così a questa pratica nel nostro Paese ma che non hanno chiarito - compito dell’Aula, ovviamente - i criteri sulle cure palliative e il ruolo del Servizio sanitario nazionale, perché evitare che l’assenza di un adeguato sistema possa «indurre i pazienti a percepire la morte assistita non come una scelta libera ma imposta», come temono i cattolici di Pro Vita & Famiglia.
La prima strigliata della Consulta è del 2019 con la sentenza 242, da allora l’esistenza del diritto costituzionale a un accesso «universale ed equo» alle cure palliative e al suicidio medicalmente assistito nei vari contesti sanitari, sia domiciliari che ospedalieri, è stato confermato in diversi pronunciamenti, l’ultimo lo scorso 21 maggio, che ha allargato il perimetro del «trattamento di sostegno vitale» per i malati che vogliono essere aiutati a morire, indebolendo ancor di più il reato previsto all’articolo 580 del Codice penale (istigazione o aiuto al suicidio). Secondo la sentenza numero 66 della Corte costituzionale, risalente allo scorso 27 marzo e depositata solo a fine maggio, non solo la persona malata che vuole accedere all’aiuto alla morte volontaria deve essere «capace di autodeterminarsi» ed essere affetta da «patologia irreversibile fonte di intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche», dipendente da «trattamenti di sostegno vitale, più o meno invasivi (terapie o macchinari) normalmente compiuti da familiari o caregivers ma, ed è questa la novità di ieri, ne ha diritto anche se questi trattamenti sono stati prescritti e non eseguiti perché rifiutati dal malato.
Alcune Regioni come Toscana ed Emilia-Romagna si sono mosse in ordine sparso, con leggi regionali e amministrative che sono state impugnate da Palazzo Chigi e davanti al Tar. Il testo unitario del centrodestra sul fine vita dovrebbe essere di due articoli. Uno è sulla «inviolabilità e indisponibilità del diritto alla vita», confermato dalle parole del leader di Forza Italia Antonio Tajani secondo cui «il suicidio non è un diritto», l’altro dovrebbe trarre ispirazione dalle indicazioni della Consulta.
Secondo il presidente della commissione Sanità Francesco Zaffini (FdI) in aula potrebbe arrivare un testo unico condiviso anche dalle opposizioni, per evitare spaccature su un tema così sensibile e trasversale. «Vogliamo evitare il business della morte», come è successo per la legge 194 sulla tutela della maternità, che ha invece allargato a dismisura la possibilità di interrompere la gravidanza.
L’opposizione è convinta che a decidere sulle condizioni di accesso al suicidio medicalmente assistito debbano essere le Asl o i medici, mentre l’Associazione Luca Coscioni ha già detto di voler portare in Cassazione il quesito referendario per la
legalizzazione dell’eutanasia sul modello di Olanda, Belgio, Lussemburgo e Spagna. «In Senato la seduta è fissata in aula il 17 luglio, quindi andremo avanti con una proposta unitaria del centrodestra», ribadisce Tajani.