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"Freddo e topi nelle stanze dei migranti ma i soldi finivano all'estero". L'accusa choc ai Soumahoro

Non c'è solo il meccanismo fraudolento con cui la famiglia Soumahoro faceva sparire il denaro destinato alle coop: ecco cosa è stato scoperto

"Freddo e topi nelle stanze dei migranti ma i soldi finivano all'estero". L'accusa ai Soumahoro
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Non c'è solo lo scandalo politico che ha coinvolto il deputato di Alleanza Verde e Sinistra, Aboubakar Soumahoro. Nelle carte dell'inchiesta, su cui indaga la Procura di Latina, c'è molto di più. E le accuse mosse fanno letteralmente accapponare la pelle. Perché, oltre ai rilievi di carattere finanziario, gli inquirenti muovono accuse sul piano igienico-sanitario. Nei guai (giudiziari), per il momento, sono finite la compagna Liliane Murakatete, la suocera Marie Therese Mukamitsindo e una manciata di altre persone, tra cui il fratellastro della stessa Liliane). E, tra le tante mancanze rilevate, i pm rinfacciano loro di aver lasciato gli immigrati in stanze fredde e sporche mentre "i soldi finivano all'estero".

Le carte dell'inchiesta

Sull'ordinanza del Gip, Giuseppe Moltese, si legge che gli accertamenti sulla qualità dei servizi delle cooperative sono "allarmanti" e il risultato delle verifiche condotte dagli ispettori nelle varie strutture di accoglienza mostrano più ospiti del dovuto ma soprattutto condizioni igieniche talmente carenti da far scorazzare liberamente topi e blatte a causa della mancanza di "derattizzazione e deblattizzazione, nonché più genericamente la scarsità delle prestazioni fornite". La gestione, quindi, era pessima sotto tutti i punti di vista: la suocera che gestiva le coop, Marie Therese Mukamatsindo, non si curata minimamente delle condizioni basiche di vita che facevano i migranti all'interno di quelle strutture.

"L'illecito meccanismo fraudolento a gestione familiare", così come è stato chiamato dal Gip, coinvolgeva anche e direttamente i profughi, tra cui numerosi minori. Tutto quel flusso di denaro che non era in alcun modo utilizzato per la "gestione dei progetti" non è servito per migliorare né offrire alcun servizio: durante le ore notturne non c'erano nemmeno i riscaldamenti accessi o lo restavano per così poco tempo che non riuscivano a riscaldare nemmeno in minima parte gli ambienti. Per non parlare degli alloggi che sono stati dichiarati "fatiscenti con arredamento inadeguato rispetto al numero degli ospiti, mobili rotti, condizioni igieniche carenti".

A cosa servivano i migranti

L'accusa mossa dal procuratore Giuseppe De Falco e il suo sostituto, Andrea D'Angeli, è gravissima: quei migranti avevano il solo compito di giustificare la richiesta del denaro che poi finiva da tutt'altra parte tant'é che sono stati trovati "costi non sostenuti". Come abbiamo visto sul Giornale, infatti, c'è stata una "spregiudicata criminalità" da parte della famiglia Soumahoro che attuava un programma "delinquenziale a gestione familiare" che ha portato all'indagine anche su Lady Soumahoro per le false fatture emesse con società fittizie per ingannare il Fisco. Lei respinge le accuse al mittente dichiarandosi "totalmente estranea ai fatti" con il marito che è convinto della sua innocenza. Intanto, però, il Gip ha disposto il sequestro di oltre 639 mila euro per la madre e circa 13mila euro circa per la figlia e il fratellastro Michel Rokundo.

La copertura della Jumbo

L'inchiesta va avanti e si scoprono sempre più altarini: come abbiamo visto sul Giornale, una delle due coop, la Karibu, avrebbe coperto due società satelliti, Jumbo e Consorzio Aid secondo quanto dichiarato dal Gip. L'informativa, infatti, afferma che nel caso della Jumbo non esistevano dipendenti ma aveva ricevuto bonifici dalla Karibu che poi venivano destinati all'estero verso altre persone tra cui compaiono un altro figlio della Mukamitsindo e della moglie. La Guardia di Finanza, infine, ha spiegato che quei soldi sarebbero serviti per "veicolare il trasferimento di denaro da Karibu a Jumbo e da quest’ultima all’estero". In tutto questo, assume un ruolo sempre più importante l'associazione Jumbo Africa che apparteneva alla stessa sede della coop gestita dalla suocera di Soumahoro e, come detto, non aveva intestato alcunché.

Il giudice Giuseppe Molfese l'ha definita "associazione schermo" utile soltanto per dare manodopera alla Karibu, "secondo collaudati schemi illegali di esternalizzazione, per evitare o ridurre i costi", come riporta IlMessaggero. Questa finta associazione serviva per giustificare fatture inesistenti per tutto il denaro che la Karibu era obbligata a rendere conto per alcuni progetti, con somme record da oltre due milioni di euro.

Anche se alcuni ospiti abbandonavano le strutture, chi gestiva la Karibu non ne dava informazione continuando a intascare soldi per qualcuno che in realtà non c'era più: molti dei lavoratori lì dentro, poi, non avevano mai sentito parlare della Jumbo.

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