La verità di Toti sull'inchiesta: "Non ce l'ho con i magistrati, ma con la politica giustizialista"

L'ex presidente della Regione Liguria, ospite di Quarta Repubblica, racconta la propria versione dei fatti sull'inchiesta giudiziaria che lo ha portato agli arresti domiciliari per tre mesi e alle successive dimissioni

La verità di Toti sull'inchiesta: "Non ce l'ho con i magistrati, ma con la politica giustizialista"
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Per la prima volta dopo la fine dei suoi arresti domiciliari, durati quasi tre mesi, Giovanni Toti ha rilasciato una lunga intervista in una trasmissione televisiva sulla vicenda giudiziaria che lo ha coinvolto direttamente e che lo ha costretto poi alle dimissioni da presidente della Regione Liguria. Lo fa nello studio di Quarta Repubblica, su Rete4, in occasione della ripresa della messa in onda del programma condotto da Nicola Porro dopo la breve pausa estiva. L'ex governatore, accusato di corruzione dalla procura di Genova, verrà processato con giudizio immediato: il dibattimento avrà inizio il prossimo 5 novembre e adesso ha voluto rispondere punto per punto sugli elementi riguardanti l'indagine a suo carico.

"Incredulità", è la prima parola che Toti utilizza per dire quale sensazione esatta aveva provato lo scorso 7 maggio, giorno in cui è arrivata la misura cautelare contro di lui, aggiungendo che mai si sarebbe aspettato che qualcuno gli avrebbe contestato un reato così grave. "A differenza di molti altri, io non riesco ad avercela fino in fondo neppure con i magistrati, che eppure secondo me sbagliano ovviamente - spiega l'ex europarlamentare ricordando quelle prime ore di libertà personale tolta -. Io ce l'ho con la politica, ovvero con tutti coloro che dal 1994 a oggi hanno approvato leggi che evidentemente hanno tolto alla politica ogni potere di azione in questo Paese, lasciando alla magistratura l'idea di potere fare da giudice penale e morale di quello che fa la politica". E, di certo, se la magistratura "diventa un surrogato del giudizio elettorale diventa un serio problema e in Italia questo molto spesso è accaduto". In questo caso, poi, "sono stati i magistrati a mettere, in qualche modo, in carcere la Liguria. Noi saremmo tornati ben volentieri al nostro lavoro. Poi a un certo punto quando capisci che la tua controparte non sente ragione, le amministrazioni devono andare avanti".

C'è stata una timidezza degli esponenti politici non solo della sinistra, che lui dà per scontato che si facciano dettare l'agenda dalle toghe, ma anche del centrodestra. Anche se lui ringrazia pubblicamente molti membri di spicco del governo Meloni che gli hanno espresso solidarietà, come Guido Crosetto, Carlo Nordio e Matteo Salvini. "In quattro anni di intercettazioni non è stato trovato un euro nelle mie tasche, nonostante siamo stati dossierati in anticipo da Striano visto che i miei conti personali erano finiti già nel 2017-18-19 sull'Espresso", prosegue Toti. Sui soldi presi, l'amministratore ligure sottolinea il fatto di non avere un solo co-imputato nella vicenda Terminal Rinfuse e che i fondi registrati di Spinelli al comitato Toti cominciano nel 2015: "C'è qualcosa che non funziona nel ragionamento per cui un signore che mi finanzia per nove anni, poi di colpo lega il suo finanziamento a una sinallagma corruttiva e poi l'anno dopo torna a darli per liberalità".

Se è vero che Spinelli è stato un contributore e lui è stato sul suo yacht, "sono stato anche alla foresteria del fondo sovrano di Anversa e Singapore e al Country Club di Msc con il comandante a bordo a mangiare numerose volte". Tutto questo per sostenere che il suo è un caso particolare, in quanto "l'atto giuridico da cui parte l'indagine è un atto legittimo: nessuno è stato chiamato in correità e i finanziamenti sono tutti registrati, legittimi, non sono stati sequestrati dal comitato". Toti, quindi, non si sente assolutamente di doversi pentire di nulla di quanto fatto in questi anni: "Io penso che il mio dovere politico era quello di parlare con Spinelli e di andare anche sul suo yacht per portare risultati alla Liguria dentro alla legalità, perché un'azienda che crea lavoro è interesse collettivo". Insomma, l'ex presidente si sente in pace con la mia coscienza: "Sono molto sereno, credo di aver dato tutto quello che potevo alla politica, e i risultati in Regione si vedono".

Infine, l'annuncio sul suo immediato futuro: "Tornerò a occuparmi di politica, scrivendo qualche pensiero su 'Il Giornale', che è stato uno dei pochi fari di libertà", dice ringraziando il direttore Alessandro Sallusti presente in studio.

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