Il governo sogna sulla Rai: modello Bbc e fuori i partiti

Ripescate le proposte della Leopolda su governance, canali e tagli. Ma l'impresa resta (quasi) impossibile

Il governo sogna sulla Rai: modello Bbc e fuori i partiti

Roma - Una Rai modello Bbc. Nella governance. Nell'indipendenza. Nell'autorevolezza. È l'idea che da anni Renzi coltiva della televisione pubblica: una mamma (Rai) che diventa zia (così gli inglesi chiamano il broadcasting televisivo, Auntie, la zietta).
Tutto era già scritto nero su bianco in due delle cento proposte della Leopolda, datate poco meno di tre anni fa (ottobre 2011). Proposta 16: cambiare la Rai per creare concorrenza sul mercato tv e rilanciare il servizio pubblico. E proposta 17: fuori i partiti dalla Rai. Nel primo punto si ipotizzava che degli allora 15 canali tv, nel frattempo diminuiti a 14 (Rai1, Rai2, Rai3, Rai4, Rai5, RaiNews, RaiGulp, RaiSport, RaiSport 2, RaiStoria, RaiPremium, RaiScuola, RaiYoyo e RaiMovie), ne restassero solo otto finanziati dal canone (riformulato come imposta sul possesso del televisore, rivalutato su standard europei e riscosso dalla Agenzia delle entrate) e senza pubblicità. Mentre gli altri, compresi Rai1 e Rai2, si pagheranno con la sola pubblicità, «con affollamenti pari a quelli delle reti private» e successivamente saranno privatizzati. Il secondo punto immagina una governance Rai sul modello inglese, con un «trust» preposoto alla vigilanza sulla qualità e l'indipendenza nominato dal presidente della Repubblica e un Comitato esecutivo di manager.

Tre anni dopo le idee di Renzi sulla tv pubblica sono sempre le stesse. E fanno paura in un mondo cristallizzato da decenni. Le parole d'ordine? Intanto spending review: la tv di Stato deve tagliare e razionalizzare, a partire da quei 150 milioni che l'esecutivo ha chiesto di sforbiciare dal bilancio dell'anno in corso, magari vendendo un pezzo di RaiWay, la newco che possiede la rete di diffusione del segnale. Poi arriverà una revisione delle sedi regionali, vere centrali dello spreco. In cambio Renzi ha già fatto capire di voler rinnovare la concessione del servizio pubblico alla Rai che scade nel 2016, anzi è disposto ad anticipare la rinegoziazione del «contratto» al 2015. C'è poi la sfida della qualità, e qui si torna a guardare a Londra: l'idea è quella di una tv autorevole e imparziale e capace di produrre, come fa Bbc World, contenuti vendibili in tutto il mondo.

Ma l'obiettivo grosso è sbianchettare l'influenza dei partiti, metabolizzata da decenni. Che senso ha, pensa Renzi, una Rai con uno schema tripartito di controllo delle tre testate principali come negli anni Settanta se il panorama politico è profondamente cambiato? Ma soprattutto, che senso ha fare di Saxa Rubra una conventicola di feudi partitici? Domande retoriche, sulle cui risposte si gioca molta della credibilità di Renzi. Che però da queste parti è preso assai sul serio.

Basta farsi un giro a Saxa Rubra e cercare qualcuno ancora convinto di fare quello sciopero dell'11 giugno che il premier ha bollato come «umiliante». Difficile, quasi impossibile. Tutti impegnati a ricollocarsi. È la Rai, bellezza. Un mondo a parte. Forse ancora per poco. Forse.

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