E la sventurata rispose... Non la monaca di Monza, ma Domnica Cemortan: tutto, meno che una suora. Davanti al giudice che l'incalza, ammette: «Sì, ho avuto una relazione con Francesco Schettino. Ma dopo il naufragio non ci siamo più visti». Anche il loro flirt da love boat è andato a picco.
La moldava ossigenata, ex «amica» del comandante, forse non aveva capito la domanda posta dall'avvocato di parte civile; così il presidente del tribunale ha dovuto insistere non poco per farle confessare che «sì», tra lei e Schettino, ci fu una «relazione». Quanto questo dettaglio da gossip sia influente ai fini processuali, lo sanno solo gli addetti ai lavori; certo è che ieri il Teatro Moderno di Grosseto che ospita il dibattimento per la sciagura della Concordia, ha ricordato molto da vicino il teatro dove Maurizio Crozza interpretò il personaggio del comandante latin lover: irresistibile parodia in cui un Crozza «schettiniano», per vantarsi con una bella ospite, le fa guidare la nave come fosse un pedalò.
Anche l'udienza al Teatro Moderno ha avuto il suo sketch tragicomico cabaret: è stato quando il processo è rimasto sospesa per qualche minuto su richiesta del difensore della Cemortan che ha chiesto al presidente del collegio di intervenire per spiegare alla sua assistita che doveva rispondere alla domanda posta dal legale di parte civile che rappresenta alcuni naufraghi.
Domnica più volte ha detto di non voler rispondere, e altrettante volte il presidente - tramite l'interprete che affianca la ballerina moldava nella testimonianza - le ha spiegato che per la legge italiana doveva rispondere, perché è rilevante stabilire i rapporti con l'imputato Francesco Schettino ai fini di valutare l'attendibilità del teste. Domnica Cemortan salì sulla Costa Concordia a Civitavecchia il 13 gennaio 2012 senza avere il biglietto e senza sapere se fosse stata registrata. «Quando sei l'amante di qualcuno non ti chiedono il biglietto», ha risposto Domnica agli avvocati di parte civile le chiedevano perché non avesse il biglietto d'imbarco.
Ma il Dominica-show è solo all'inizio. La Cemortan ne ha ancora di belle da raccontare: «La sera del naufragio stavo cenando col capitano e a un certo punto mi ha fatto tipo uno scherzo dicendomi che gli ufficiali lo avrebbero chiamato al telefono per rallentare la nave perché io dovevo finire il dessert». E poi: «Sull'avvicinamento e l'inchino al Giglio non mi disse nulla. Non ho mai saputo del tragitto che doveva seguire la nave, solo alla fine mi ha invitata sul ponte di comando. In plancia tutto sembrava normale. Non ho visto niente perché era buio, a un certo punto Schettino ha iniziato a dare comandi in termini marini. Dopo qualche minuto, è successo quello che è successo. Non ho sentito l'impatto, l'urto, ma ho visto le luci dell'allarme».
Dichiarazioni che stridono con la drammaticità di quegli attimi durante i quali - è venuto fuori all'udienza di ieri - i passeggeri «si picchiarono e schiaffeggiarono gli uomini dell'equipaggio» nella corsa verso le scialuppe di salvataggio. Mentre la poppa sobbalzava per effetto del terrificante impatto, dalla plancia di comando nessun ordine chiaro. Solo il caos più totale.
Beata lei, che può farlo. I morti della Concordia - quelli veri - devono accontentarsi dei fiori sulla tomba.
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