Prima notte in cella: "l'uomo di ghiaccio" ordina pizza e birra

È in isolamento, ma l'assassino vive queste ore in una serenità innaturale

Prima notte in cella: "l'uomo di ghiaccio" ordina pizza e birra

Pavia - Ha trascorso tranquillamente la sua prima notte in una cella di isolamento Carlo Lissi, reo confesso dello sterminio della sua famiglia nella villetta di Motta Visconti. Come tranquillo era apparso fin dall'inizio di questa vicenda: mentre famigliari e parenti si disperavano per la morte di una giovane mamma e dei suoi due bambini, lui ordinava una pizza e una birra per poi andare a dormire. Ieri ha potuto incontrare il suo avvocato in vista dei futuri atti processuali come l'autopsia e il sopralluogo del Ris.
Ieri intanto Motta si è svegliata intontita da un episodio che l'ha sconvolta forse più che un terremoto, quasi incapace di reagire, fino a quando qualcuno ha lanciato via facebook la proposta di una marcia silenziosa di preghiera per le tre vittime del «mostro della porta accanto», appuntamento alle 21 in piazza Garibaldi. Certo nessuno avrebbe mai potuto lontanamente immaginare che Lissi, 32 anni, avrebbe accoltellato la moglie Cristina, 39 anni, subito dopo aver fatto l'amore, e poi i figli Giulia, 5 anni e Gabriele, 20 mesi. Nessuno avrebbe potuto solo supporre che avrebbe avuto la freddezza di andare a vedere la partita dell'Italia, gioire per i gol e quindi tornare a casa e «scoprire» che un rapinatore aveva svuotato la cassaforte dopo aver ammazzato la donna e i bimbi.
Già il suo comportamento in caserma ha lasciato perplessi gli investigatori. Tutti erano disperati, in particolare il padre, il primo a essere stato chiamato dopo la «scoperta» del triplice delitto, si era sentito male ed era stato portato via in ambulanza. Lui invece ha detto di avere fame si è fatto portare una pizza, mangiata chiacchierando con gli investigatori, per poi andare a casa a dormire. La sua versione dei fatti è però durata 24 ore esatte, dalle 2 di domenica quando ha chiamato il 118 fino alle 2 di lunedì, quando è crollata come un castello di carte sotto le puntuali contestazioni degli investigatori. Ultima delle quali, la scoperta della sua passione per una collega di lavoro. Solo allora ha confessato anche se, rievocando i momenti in cui ha sgozzato i suoi due figli di 5 anni e di 20 mesi («Ho piantato il coltello nella gola, un solo colpo, di punta, loro non hanno nemmeno gridato»), non è sembrato particolarmente disperato. Dagli occhi è spuntata solo qualche lacrima, non certo un pianto dirotto.
Tranquillamente dunque è andato in carcere a Pavia, rinchiuso in cella di isolamento e guardato a vista nel timore di un gesto disperato, che non c'è stato. Tranquillamente ha passato la notte dormendo e tranquillamente ieri ha incontrato il suo avvocato di fiducia, Corrado Limentani di Milano. Certo non c'è molto da scoprire, Lissi è reo confesso e rischia il quasi sicuro ergastolo viste le tante aggravanti del suo gesto: futili motivi, crudeltà, il vincolo famigliare, le principali, senza contare la possibile premeditazione. Ma bisogna procedere a una serie di atti in cui è necessaria la presenza dei periti di parte. Oggi infatti verranno eseguite le autopsie sui corpi delle tre vittime, mentre domani nella villetta di via Ungaretti 20 entreranno i carabinieri del Ris di Parma. Dopo i primi accertamenti della sezione investigazioni scientifiche del comando provinciale, sono necessarie ulteriori verifiche con strumenti più sofisticati.

Per esempio bisognerà infatti individuare ogni più piccola macchia di sangue su cui verificare la «bloodstain pattern analysis», cioè l'inclinazione delle gocce di sangue e fissare con precisione le posizioni di vittime e carnefice. Dettagli forse per l'opinione pubblica, aspetti essenziali però per infliggere un'eventuale «fine pena mai».

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