L'aut aut di Alfano sulle primarie: «Se ci sono indagati non ci sono io»

RomaQualcuno le ha già ribattezzate le Alfaneidi. L'ostinazione con cui il segretario del Pdl va avanti sulle primarie gli ha inimicato mezzo partito. E più Angelino alza l'asticella, più sembra sprofondare nelle sabbie mobili. Ieri ha messo sul piatto la questione morale: «Non parteciperò alle primarie se ci saranno candidati indagati. Decida il comitato dei garanti». Dichiarazione che manda in sollucchero il popolo del social network e il coté giustizialista del partito che sembra tenerlo in ostaggio, quello degli ex An. Ma gli altri si incavolano e sospettano. Così, il venerdì iniziato con un mezzo punto fatto segnare da Alfano, con la firma di Berlusconi sul via libera al comitato di garanti che vigilerà sulla consultazione, che sarà presieduto da Lamberto Dini, si trasforma con il passare delle ore in una mezza Caporetto per il segretario.
Il fatto è che la questione ha tante spine. Una: escludere dalla contesa l'indagato (che non è condannato) manda all'aria anni di garantismo liberale. Due: nei comitati che sostengono Alfano c'è più d'uno con qualche guaio giudiziario. Tre: coerenza vorrebbe escludere indagati e condannati anche dalle liste. Sarà possibile? E poi il messaggio di Alfano chiama in causa Alessandro Proto e Giampiero Samorì. Entrambi outsider delle primarie nel mirino della magistratura. Il primo, nei giorni scorsi iscritto nel registro degli indagati a Milano per truffa e aggiotaggio (ma lui nega di avere ricevuto avvisi di garanzia) parla di «fuoco amico» e attacca a mani nude Alfano: «Le sue parole chiariscono le false voci sulle presunte indagini a mio carico circolate ieri dopo aver formalizzato la mia candidatura alle primarie del Pdl. Passi indietro? A questo punto è evidente che quanto sta accadendo alla mia persona proviene direttamente dai vertici del Pdl che ormai è un partito alla deriva. Sarà un mio impegno futuro riportarlo a livelli per lo meno decenti». L'altro, Samorì, il leader del Mir indagato a Bologna per accesso abusivo ai dati informatici, con una piroetta mette nei pasticci Alfano: «È una dichiarazione che non riguarda me, è un attacco violento al presidente Berlusconi». Alfano si rende conto del rischio-gaffe e poco dopo posta sui social network una dichiarazione acrobatica: «Alle politiche saremo severissimi, ma non saranno i pm a scrivere le nostre liste. Siamo garantisti. Il presidente Berlusconi è stato ed è un perseguitato della giustizia. Siamo stati, siamo e saremo al suo fianco. Garantismo si, impunità no. Non tutti sono perseguitati». Dopo i garanti delle primarie ci saranno anche i garanti della persecuzione giudiziaria?
E gli altri candidati? Vittorio Sgarbi è talmente «disgustato dalle dichiarazioni di Alfano» da annunciare il suo ritiro dalle primarie. Segue l'«amazzone» Micaela Biancofiore: «Degli indagati, Angelino, lo sapeva anche prima di aprire questa corsa. Dica Alfano che forse inizi a pensare che le primarie sono un esercizio inopportuno e facciamo tutti un passo indietro». Daniela Santanchè è appena più prudente: «Fino a condanna definitiva si è innocenti. Questo principio vale per tutti e tanto più per un movimento come il nostro che ha fatto del garantismo una bandiera». Alfano invece incassa il plauso di Giorgia Meloni («Non mi candido neanche io alle primarie se ci sono indagati in lista.

Domanda: il criterio varrà anche per le politiche?») e di Guido Crosetto («Non possono e non devono esserci ombre di alcun tipo su nessuno dei partecipanti»). Il tormento di Giancarlo Galan: «Qualche dubbio sulla bontà dello strumento inizio ad averlo anche io. Dopodiché io sono pronto». Auguri.

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