Renzi chi? Miracolo delle primarie. Il nuovo segretario del Pd sta perdendo il cognome. Troppo freddo, distante, non sottolinea la giusta intimità, chissà quanti saranno i Renzi in Italia. Se di questi tempi uno vuol fare vedere che conta qualcosa, che è sulla buona strada che porta al futuro, allora deve chiamarlo per nome. Matteo. Sentite come suona bene? Matteo. Funziona. È caldo. Riduce le distanze. Matteo ricorda anche un po' Enrico. Dolce Enrico. Da quando è morto, nessuno infatti lo ha più chiamato Berlinguer. Da vivo no. Enrico, anzi Berlinguer, vi avrebbe guardato con un po' di fastidio, come a dire: mi scusi, ma non ci davamo del lei? Renzi invece è moderno. Non è neppure comunista. Quando va ad Amici indossa il giubbotto di Fonzie (a proposito, il nome di Fonzie è Arthur e il cognome Fonzarelli) e dà del tu perfino a Napolitano. Lesa maestà. Renzi insomma andava bene da sindaco. Ora il capo del Pd è per tutti Matteo. Matteo e basta.
È Matteo per Letta, per Bersani, per la Bindi, per il novantanove virgola zero cinquantacinque dei giornalisti, per le massaie rurali, per chi posta su Facebook, per chi twitta su Twitter, per chi va a Gazebo e per chi sta a Porta a Porta, per i parcheggiatori abusivi, per chi tutte le domeniche mangia a Eataly, per chi legge Baricco e perfino per D'Alema. È il segno del potere. Meno male che Silvio c'è. Angelino suona bene. Pier Ferdinando è troppo lungo. Gianfranco solo per i colonnelli e il cognato.
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