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"Redistribuire le ricchezze". Boeri usa il Ventennio per imporre altre tasse

L'ex presidente Inps bacchetta il governo su natalità e redditi. Ma le sue soluzioni sono quelle che piacciono a sinistra: più migranti e salario minimo

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Curiosi certi economisti con la verità in tasca. Dicono di pensare al bene dell'Italia con soluzioni che reputano efficacissime (finché sono sulla carta, ovvio). Salgono in cattedra e da lì ti spiegano come la politica dovrebbe gestire il Paese: sembra quasi che sappiano tutto loro. Poi però, quando arriva un governo che prova a tutelare il made in Italy per davvero, cioè con provvedimenti concreti, i suddetti "cervelloni" storcono il naso. E continuano a preferire le (loro) teorie alla pratica. Il paradosso è sembrato ripetersi anche nelle recenti dichiarazioni di Tito Boeri, presidente del Festival dell'economia di Torino in corso proprio in questi giorni e incentrato sul tema della globalizzazione da ripensare.

Boeri contro il ddl Made in Italy

Ebbene, proprio per tutelare le produzioni nostrane in un mondo iper-globalizzato, il governo ha dato il via libera al disegno di legge sul Made in Italy, stanziando anche un fondo sovrano italiano per stimolare la crescita e il consolidamento delle filiere strategiche nazionali. Ma secondo Boeri il provvedimento sarebbe "la cosa più antistorica che possa esistere". In un'intervista alla Stampa, il professore ha sostenuto che il perimetro d'azione del ddl non sarebbe chiaro e per argomentare la propria contrarietà al testo ha rispolverato il solito discutibile riferimento al Ventennio. Che noia: ormai criticare l'esecutivo evocando i tempi del fascismo sembra il modo più pigro soffocare un dialogo sul merito delle cose.

"Sembra una legge scritta nel Ventennio"

"È una concezione incomprensibile del made in Italy. Capisco che si vogliano tutelare alcune aziende e industrie, rilevanti e magari strategiche, ma sembra una legge scritta nel Ventennio. Quando non esisteva la globalizzazione", ha affermato Boeri. E ancora, ha aggiunto: "Oggi viviamo in un mondo alimentato dalle catene globali del valore. Se le rompiamo e imponiamo di non decentrare cicli del processo produttivo altrove rischiamo di far aumentare i prezzi. E lo abbiamo visto in questi anni". Perfetto, ma allora come può una nazione tutelare il proprio tessuto industriale se non offrendo sostegni e garanzie specifiche? Peraltro, il professore bocconiano sembra dimenticare che i protagonisti del Made in Italy sono anche le piccole aziende che non decentrano e che negli ultimi decenni hanno visto le loro produzioni d'eccellenza insidiate proprio da una globalizzazione senza regole. Chi difende queste realtà? Non certo l'Europa, solitamente piuttosto negligente quando si parla di Made in Italy.

Il "problema di redistribuzione"

Nell'Italia da Ventennio paventata dall'economista, nemmeno la crescita del Pil dell'1,9% (che sotto altri governi sarebbe probabilmente stata accompagnata esultanze e applausi) sarebbe da considerarsi incoraggiante. "Il Pil non è sufficiente a spiegare la complessità della situazione. È evidente che le persone affrontino un momento di grande difficoltà e che in Italia ci sia un problema di redistribuzione", ha infatti spiegato a Boeri. Ma non vorremmo che la storia della redistribuzione si traducesse - come spesso accaduto a sinistra - nella richiesta di nuove tasse. Una ricetta facile da applicare eppure deleteria per i cittadini.

La strana teoria sui migranti e le donne

Ma l'ex presidente Inps ha fatto le pulci all'esecutivo anche su altri temi. "Il governo sbaglia a contrapporre la natalità all'immigrazione. Perché le due cose sono complementari. Gli immigrati liberano tempo per lavorare per le donne: si occupano dei figli, riducendo il costo di farli, e degli anziani. E questo può aumentare il tasso di fertilità", ha spiegato alla Stampa. Pure qui, tuttavia, l'approccio dell'economista appare rivedibile. In un'ottica proiettata al futuro - necessaria quando si parla di nuove generazioni - ci sembra limitante pensare agli immigrati come baby sitter e badanti che consentirebbero aIle donne italiane di lavorare. Che tipo di immigrazione immagina il prof per il nostro Paese? E ancora: da ex presidente Inps, Boeri non ritiene che gli incentivi alla natalità previsti dal governo siano qualcosa di necessario?

Il salario unico

Nelle sue dichiarazioni alla Stampa, l'economista ha poi giustamente sottolineato il problema dei redditi bassi in Italia, che viene acuito dall'aumento dei prezzi. La soluzione da lui proposta al riguardo è stata quella di "un salario unico nazionale che superi i tanti minimi contrattuali" e che "proteggerebbe tanti lavoratori che oggi guadagnano 5 euro lordi l'ora". L'idea piace molto a sinistra, dove però viene trascurata un'altra parte del problema: la pressione fiscale sulla quale invece il governo ha deciso di intervenire.

Il salario minimo sarebbe peraltro una soluzione claudicante a fronte di una globalizzazione che ha aumentato a dismisura la concorrenza, spesso innescando meccanismi al ribasso dai quali è difficile emanciparsi, se non mettendo le aziende nelle condizioni di investire economicamente sulle risorse umane.

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