La politica e i media si occupano preferibilmente - almeno a parole - dei giovani, delle loro difficoltà a trovare un lavoro e a garantirsi una pensione decorosa. Chissà perché si disinteressano degli anziani a riposo, che ricevono assegni di quiescenza insufficienti e spesso sono alle prese con problemi di sopravvivenza. Già. I ragazzi vengono considerati la speranza, voteranno per tanti anni, si fanno sentire, protestano, urlano e talvolta spaccano tutto. Mentre i vecchi sono un peso sociale, gravano sull'Inps, non hanno voglia né fiato per alzare la voce.
Ecco perché, quando lo Stato ha bisogno di rastrellare quattrini - cioè sempre - per tamponare buchi di bilancio, dopo aver azionato la leva fiscale con crudeltà, pensa di tagliare le pensioni: l'unica forma di spending review che conosce e pratica disinvoltamente. In questi giorni le sforbiciate al cespuglio previdenziale sono di attualità.
In un primo momento i cervelloni del governo avevano immaginato un blocco rigido degli adeguamenti al costo della vita per quasi tutti i nonni. Poi si sono ravveduti - pare - e il congelamento degli scatti Istat dovrebbe riguardare solamente gli assegni oltre 3mila euro mensili, come se una cifra simile fosse roba da ricchi. A nessuno viene in mente che da tale importo, lordo, occorre detrarre l'Irpef e altre tasse, per cui la somma netta si riduce a 1.800 euro, all'incirca, quanto basta per non morire di fame. Forse.
Non è finita. Secondo i programmi governativi, le pensioni superiori a 90mila euro lordi l'anno (poco più di 7mila mensili) subirebbero una mazzata. Il che dimostra che il reddito di un anziano non è sicuro, ma in balia di chi lassù ha il potere di decidere.
In buona sostanza, si ha l'impressione che per lorsignori l'Inps sia una sorta di ente di beneficenza con la facoltà di dare poco o tanto agli assistiti, dipende dalle disponibilità di cassa. Assurdo. Infatti, la pensione non è una gratifica, ma un diritto fissato da un contratto stipulato tra l'ente e il lavoratore attivo. Al quale lavoratore è imposto di versare mensilmente onerosi contributi, in cambio dei quali, quando egli sarà collocato a riposo, riceverà un assegno proporzionato a quanto sborsato per anni e anni. È un patto regolato da una legge basata sul principio do ut des.
Ripeto. Il lavoratore è costretto a sottostare alla norma, non può scegliere di tenersi la paga intera e di optare per un'assicurazione di tipo privato, a proprio rischio e pericolo. Tanto è vero che i prelievi previdenziali avvengono direttamente alla fonte, appunto sullo stipendio. Il che significa che fra l'Inps e il cittadino c'è un impegno di ferro reciproco, che non si può disdire unilateralmente. Se lo Stato non rispetta il contratto, non si capisce perché il cittadino dovrebbe rispettare lo Stato truffatore.
Perché truffatore? Perché riscuote fino all'ultimo centesimo dal lavoratore, ma, quando si tratta di restituirgli il denaro sotto forma di pensione, ciurla nel manico, si comporta da imbroglione. Qualcuno sostiene che molti pensionati percepiscono un assegno eccessivo rispetto a quanto pagato in contributi. Esatto. Un tempo si andava in quiescenza intascando mensilmente un importo pari all'ultimo stipendio, essendo in vigore il cosiddetto sistema retributivo. Ingiusto? Ingiusto o sbagliato che fosse, esso era stato introdotto dal Parlamento e non preteso dai dipendenti. Ora, viceversa, vige il sistema contributivo (il lavoratore riscuote nella misura in cui ha sganciato), ma non è legale applicarlo retroattivamente. Polemizzare su questo aspetto è inutile oltre che stupido.
Lo stesso discorso va esteso alle baby pensioni, che hanno suscitato uno scandalo mai sopito. È folle che ci sia gente la quale, avendo lavorato solo 15 o 20 anni, abbia ritirato e ritiri ancora, mensilmente, una pensione consistente. Ma di chi è la colpa se non del governo che in tempi remoti approvò un provvedimento del genere? Perché accusare chi ne ha usufruito legalmente? Non sono i baby pensionati da linciare, ma una classe politica irresponsabile che ha maneggiato il denaro pubblico con incoscienza.
Lo stile dei nuovi padroni del Palazzo non è mutato.
Essi si accaniscono sui loro amministrati anziché amministrare meglio. La truffa continua. Identica a quella che vede i contribuenti obbligati a pagare puntualmente le tasse, mentre lo Stato salda col contagocce e senza penali i suoi creditori. È un crimine.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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