«Metz uccisa come un animale Condannate Lele e Amanda»

Aveva capito che per lei tirava una brutta aria. Così se n'è rimasta in America. Al sicuro. Ieri al processo di appello per l'omicidio di Perugia, Amanda Knox ha comunicato a distanza col suo avvocato. Come fanno i collezionisti d'arte durante le grandi aste internazionali: i rilanci arrivano, per telefono. Così nell'aula del tribunale di Firenze il difensore di Amanda ha ascoltato la sua cliente dall'altro capo del mondo: «Io non c'ero in quella casa. Contrastate radicalmente le richieste».
Già le richieste. Durissime. Ventisei anni per Raffaele Sollecito e 30 per Amanda Knox (4 in più di lui, perché l'americana ha calunniò anche Patrick Lumumba indicandolo come il killer di Meredithth Kercher). Lei, «Metz», ammazzata - secondo la ricostruzione fatta ieri dal procuratore generale - «come un animale». Alessandro Crini, durante la sua requisitoria al processo d'appello bis per l'omicidio nel 2007 della studentessa inglese, parla per 12 ore di fila. Ne ha di cose da dire, di prove da illustrare. Pathos e diritto. Secondo il pg Crini, il delitto maturò dall'«esigenza di togliere di mezzo una ragazza di cui si era abusato». La scena-chiave del dramma è descritta con queste parole: «Mentre Rudy Guede (che sta scontando una condanna definitiva a 16 anni ndr) teneva bloccata con una mano Meredith Kercher abusandone sessualmente, Amanda Knox e Raffaele Sollecito colpivano la studentessa inglese con due coltelli». Secondo il pg di Firenze «Sollecito aveva in mano un coltello piccolo, che usò per ferire Meredith e per tagliare il gancetto del reggiseno; la ferita più profonda fu inferta invece con un coltello più grande, impugnato da Amanda». A giudizio dell'accusa, nel movente dell'omicidio, l'abuso sessuale è «marginale» rispetto alla «violenza soverchiante» che subì la vittima. Crini lo urla davanti alla corte: «Meredith era stata bloccata alla gola e alla bocca, immobilizzata come fosse un animale». Dopo che la ragazza riuscì a urlare, ci fu «una progressione feroce sostanziata nella volontà di togliere di mezzo la persona offesa». È esattamente questo il momento in cui venne inferta la coltellata più profonda alla gola, probabilmente quella mortale. Sul coltello la presenza del dna della Knox «è chiarissima» sostiene il pg. Che aggiunge: «Non si tratta di una suggestione. Il suo profilo genetico è presente in un punto molto particolare, fra l'impugnatura e la lama. Una posizione del dna significativa ed inquietante».
«La ricostruzione del procuratore generale non c'azzecca nulla coi fatti di causa», replica con linguaggio dipietresco uno dei difensori di Sollecito; che aggiunge: «La requisitoria di Crini è avulsa dalla realtà e ha ignorato completamente la perizia genetica svolta in appello a Perugia, ritenendo invece valide le conclusioni della polizia scientifica per le tracce di dna sul coltello e il gancetto del reggiseno».
La requisitoria con la richiesta di condanna a 26 anni per Raffaele Sollecito «mi lascia senza parole», ha commentato Francesco Sollecito, padre dell'imputato, e ai giornalisti che gli chiedevano se si aspettava una richiesta di assoluzione per il figlio, ha risposto: «Non sono così pretenzioso».
In primo grado, a Perugia Amanda Knox venne condannata a 26 anni di reclusione e Raffaele Sollecito a 25.

I due imputati furono assolti in appello, sentenza poi annullata dalla Cassazione. La sentenza di questo nuovo processo dovrebbe arrivare entro il 14 gennaio.
Qualunque sarà il verdetto, la giostra dei ricorsi è già pronta a ripartire.

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