Il compagno di scrivania è come il prete della tua parrocchia: non puoi sceglierlo. Una brutta mattina ti arriva «d'ufficio» (e «in» ufficio), così sei bello e fregato. Ma, a differenza del «don» di quartiere (che si può evitare semplicemente disertando la chiesa), il «collega» dirimpettaio te lo devi sciroppare obbligatoriamente.
Per limitare i danni si può consultare uno dei tanti «manuali di sopravvivenza» fioriti in libreria: l'ultimo della serie si intitola Fucking Monday e l'ha scritto lo psicologo del lavoro Matteo Marini.
«Ansia, stress, mobbing, burn-out - spiega Marini, fine conoscitore dei trucchi «per arrivare indenni al sabato» - sono segnali di pericolo per se stessi e specchio di un mondo del lavoro sempre più difficile».
Con il suo stile «ironico e informale» (la definizione è dell'editore), Matteo Marini «ci fa comprendere i meccanismi complessi utilizzati per mettere in difficoltà le persone: congegni a volte infernali che rendono invivibile il luogo di lavoro, appestano il clima organizzativo, minano l'efficienza del lavoro di gruppo e dei singoli e intrappolano le persone in dinamiche relazionali apparentemente senza uscita».
Detto così sembra un discorso un po' palloso. Ma basta volare a pagina 128 per trovare un approccio decisamente più pragmatico che accademico: il capitolo in questione affronta un tema che è tutto un programma: «Riconoscere lo stronzo da ufficio (e demolirlo)».
Sicuramente su tale fronte l'emergenza esiste, ma - forti anche della nostra quotidianità redazionale - possiamo affermare con cognizione di causa che il più insidioso non è lo «stronzo da ufficio», bensì il «cretino da ufficio». Attenzione: può accadere che le due categorie («stronzo» e «cretino») coincidano nella stessa persona; a questo punto, però, non resta che far benedire stanze e scrivanie da un esorcista e installare in sala riunioni una statua della Madonna di Pompei.
Tuttavia, al di là delle «tecniche» più o meno codificate «scientificamente», la cosa migliore rimane fidarsi dell'esperienza personale e confidare nella tecnologia (benedetti siano sempre cuffiette e computer che, tra le mezze calzette di «Fantozzilandia», ti danno la possibilità di trasformarti in «cieco» e «sordo»).
Iniziamo con dire che, per un uomo, è sempre meglio avere come compagno di scrivania un altro uomo. Non foss'altro per il fatto che - quando proprio la situazione dovesse degenerare - gli puoi mettere le mani addosso senza rischiare l'accusa di violenza sessuale. Nel caso di un uomo che ha come vicino di scrivania una donna, la situazione si fa molto più delicata. In caso di conflittualità non si può - e non si deve - scendere sotto certi livelli. Se poi la donna in questione è anche una tua superiore gerarchica (insomma, più o meno come la moglie), si consiglia di adottare la «strategie Zelig». Essa consiste nell'opporre alle osservazioni «professionali» (?) del capo-donna un sorrisetto di ipocrita complicità aggiungendo, a scelta, una delle seguenti espressioni: «sì... ottimo... certo... come no... perfetto...».
La donna-kapò quasi mai capirà (le rimarrà solo un vago sospetto) che la state prendendo in giro, e sarà così felice di aver imposto la sua autorità. Anche il libro Fucking Monday mette in guardia dai «capi», accusandoli infatti di essere dei veri campioni di «strategie distruttive». Come ad esempio: «far cadere tutto dall'alto», «creare senso di colpa», «far sentire sempre inadeguati», «ricattare», «controllare in modo sistematico e ossessivo», fornire informazioni incomplete e ambigue», «sfogarsi violentemente per creare paura», «imporre formalità e austerità nei rapporti».
«La vita lavorativa - racconta sconsolato lo psicologo Matteo Marini - è l'esempio più eclatante di come molti si accontentano della pura sopravvivenza e nulla più. Non si punta al benessere sul lavoro, ma si cerca solo di vivacchiare per arrivare prima possibile al fine settimana, ad agosto...e alla pensione.
Almeno per noi la risposta è: «Sì».
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