Le attiviste di Non una di meno sono salite sulle barricate per una nuova protesta che riguarda le elezioni: l'abolizione delle liste divise per sesso. Peccato che siano arrivate in ritardo, perché è giù stato approvato l'emendamento che riunisce tutti i votanti in unico registro. Una polemica, ancora una volta, sterile quella del collettivo ultrafemminista, per il quale ogni occasione è buona per cercare di "fare rumore". L'unica ragione per la quale la nuova impostazione delle liste non è entrate in vigore a questa tornata elettorale sono i tempi tecnici di applicazione ma già alle prossime elezioni, previste in autunno, dovrebbero esserci le liste unificate.
Ma le femministe non erano probabilmente a conoscenza dell'emendamento e così hanno iniziato a far girare un modulo da compilare con le generalità e il Comune di residenza, in chiedono che "venga messo a verbale come la suddivisione di registri e file distinte per genere o sesso, come previsto da art.5 del DPR nº223 del 20 marzo 1967, sia discriminatoria e lesiva delle persone trans* che non hanno i documenti rettificati, di genere fluido, nobinarie e di tutte le identità che non si riconoscono nella dicotomia uomo-donna / maschio-femmina che per tanto non vengono considerate e rispettate nella loro autodeterminazione". Il foglio è destinato al presidente del seggio di appartenenza e viene sottolineato che "Nessuna persona deve essere costretta a fare coming out in uno spazio pubblico esponendosi a potenziali aggressioni, cioè a rivelare di essere una persona trans* , men che meno nell'esercizio del voto. Questa suddivisione, però, costringe a farlo".
La domanda si conclude con la richiesta: "Una divisione per ordine di arrivo o in ordine alfabetico in base all'iniziale del cognome, anziché per sesso/genere riportato sui documenti identificativi è preferibile e auspicabile". Ed è proprio quello che ha fatto questo governo, di centrodestra, che nessun governo a maggioranza centrosinistra del passato è mai riuscito a condurre in porto.
Il decreto “Elezioni” è stato approvato al Senato il 16 aprile e in Senato in via definitiva il 13 maggio dalla Camera, al termine dell'iter. È poi stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale per entrare in vigore il 18 maggio 2025, meno di un mese fa.