
Giorgia Meloni ha partecipato questo pomeriggio in Parlamento alla cerimonia di esposizione della borsa di Paolo Borsellino in Transatlantico insieme al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e ai presidenti delle due Camere, Ignazio La Russa e Lorenzo Fontana. "Oggi scriviamo una pagina di storia del Parlamento", ha dichiarato il premier, ringraziando i familiari del giudice, che "hanno permesso che uno degli oggetti più cari al signor procuratore Paolo Borsellino, la sua borsa da lavoro, fosse esposta nel cuore della nostra democrazia per diventare simbolo visibile e monito".
Oggi è stata presentata la prima esposizione della borsa che il giudice aveva con sè il giorno della strage di Via D'Amelio, il 19 luglio 1992. "Ho raccontato molte volte di aver cominciato il mio impegno politico all'indomani della strage di via D'Amelio. Sono passati 33 anni e conservo ancora un'immagine estremamente nitida di quel giorno, di quel momento, delle immagini al telegiornale di quella devastazione e di quell'improvviso senso di urgenza, di quella sensazione che non avesse senso provare rabbia se non si riusciva anche a trasformare quella rabbia in qualcosa di concreto, in un impegno, in una mobilitazione", ha proseguito Meloni. Da quel giorno, ha proseguito, "inizia il cammino che mi ha portato due anni e mezzo fa a diventare presidente del Consiglio dei ministri".
C'è stata molta commozione durante l'inaugurazione, soprattutto quando Meloni ha voluto sottolineare che il testimone di Paolo Borsellino "è ancora saldo nelle mani di tanti che, anche nel suo insegnamento, continuano ogni giorno a combattere la mafia: quel testimone trova forma e sostanza nell'impegno che le istituzioni, a ogni livello, portano avanti contro la criminalità organizzata". Il suo sacrificio quello dei "servitori dello Stato che erano al suo fianco, non ha motivato solo me, ma è la storia di tantissime persone che da quelle stragi di mafia hanno deciso di impegnarsi. Perchè la cosa che noi dobbiamo ricordare è che da quelle strage è partito un movimento di popolo che per la prima volta ha detto visibilmente 'no', ha detto visibilmente 'no' alla violenza, al ricatto, all'omertà e l'illegalità in cui la mafia avrebbe voluto condannare l'Italia".
Ora, ha aggiunto il premier, è necessario "sostenere" tutti gli sforzi per arrivare "alla verità" sulle stragi di mafia. Questa teca, ha detto Meloni, "contiene la borsa di lavoro di un magistrato. Oggi noi sappiamo che la borsa da lavoro in molti casi è stata sostituita da mezzi un po' più tecnologici, portatili, altri strumenti simili. Quarant'anni fa in quella borsa, per qualsiasi magistrato, c'erano le carte importanti, c'erano le paure, c'erano i sacrifici, c'era il lavoro che ti portavi a casa fuori dall'orario". C'era quel pezzo di vita, ha aggiunto il presidente del Consiglio, "che decidevi di regalare a qualcosa in cui davvero credevi. Per molti oggi può sembrare una specie di reperto.
Però penso che anche per i giovani magistrati di oggi sia qualcosa di più: è il simbolo del dovere, dell'attaccamento al servizio in ogni momento della vita, anche quando la toga non si indossa. Perché la verità è che Paolo Borsellino come Giovanni Falcone, come Rosario Livatino, non faceva il magistrato, era un magistrato, un magistrato innamorato della giustizia, della verità, della libertà".