La solidarietà dei colleghi fa piacere, certi loro articoli in appoggio alla tesi che sia ingiusta la galera per i reati a mezzo stampa - reati di opinione - sono di grande conforto; l'interessamento di vari politici alla sorte di Alessandro Sallusti, vittima di una vicenda giudiziaria con pochi precedenti (Giovannino Guareschi e Lino Jannuzzi, e basta), induce a sperare in una mobilitazione generale per evitare il dramma dell'arresto.
Grazie a tutto ciò, siamo passati dal più cupo pessimismo circa il destino del direttore del Giornale a un minimo di ottimismo. Ma bisogna fare di più, e bisogna farlo in fretta, subito, oggi stesso. Si dà infatti il caso che dopodomani, mercoledì, la sentenza di secondo grado sia esaminata dalla Corte di cassazione. E qui può succedere di tutto: che sia ordinato il rifacimento del processo d'appello, che si stabilisca un rinvio del giudizio finale o - Dio ce ne scampi e liberi - che venga confermato il verdetto in base al quale il giornalista sarebbe condannato a 14 mesi di reclusione, senza il beneficio della condizionale, quindi da scontarsi in prigione.
Quest'ultima ipotesi è agghiacciante. In nessun Paese europeo un obbrobrio simile sarebbe possibile. La libertà di pensiero, di parola e di stampa è sacra ovunque siano arrivate la civiltà, la democrazia e lo spirito liberale. Ovvio. Tutto ha un limite. Anche il diritto di raccontare e commentare i fatti, ci mancherebbe. La diffamazione va punita. Chi l'ha subita merita un risarcimento. Ma in quale forma deve avvenire la riparazione del danno? Il giudice fissi una somma che il reo sia obbligato a versare alla parte offesa. Punto e amen. Questo succede in Francia, Inghilterra, Svizzera, persino (...)
(...) negli ex satelliti dell'Unione Sovietica.
Perché da noi no? È evidente, qui c'è qualcosa di sbagliato e che va corretto all'istante: si tratta di impedire che Sallusti diventi il simbolo dell'arretratezza italiana nel campo dei diritti civili, tra cui la libertà di stampa. Prima che succeda l'irreparabile - la carcerazione del direttore (per un articolo che peraltro egli non ha scritto) - è indispensabile che il governo intervenga. Come? Approvando in fretta e furia, entro 48 ore, un decreto di poche parole in cui si dica: le pene detentive inflitte per reati commessi a mezzo stampa sono convertite in sanzioni pecuniarie.
Si porrebbe così fine a una barbarie tutta e solo italiana. È vero che i decreti entro tre mesi vanno trasformati - per vivere - in leggi definitive. Ma in 90 giorni si può migliorare qualsiasi norma, integrarla, perfezionarla, metterla al riparo da dubbi di legittimità costituzionale. Per risolvere il problema - che riguarda tutti i giornalisti e non soltanto Sallusti - serve poco, solo un po' di buona volontà dell'esecutivo.
Mario Monti, che si professa europeista, immaginiamo abbia la sensibilità di comprendere che la presente è un'occasione per dimostrare coi fatti di esserlo sul serio, visto che nella Ue il nostro è il solo Paese capace di sbattere in galera un cittadino per responsabilità oggettiva, mentre chiunque sa che la responsabilità penale è personale. Ma qui di oggettivo c'è solo l'iniquità di una legge del Carlo Codega che nessuno ha mai avuto l'onestà di modificare, adeguandola ai principi fondativi dell'Unione europea. Coraggio, è tempo di provvedere.
segue a pagina 3
Bracalini e Scafuri a pagina 2
di Vittorio Feltri
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