
Parole di troppo, una dopo l’altra.
Da parte di tre fuoriclasse dei rispettivi settori, che vengono meno al dovere che per motivi diversi - la legge, il codice deontologico, la parola data incombeva su ognuno di loro: quello di stare zitti. È senza precedenti il caso, esploso ieri con un articolo del Corriere della sera, che coinvolge due ex servitori dello Stato ancora in vita e un amico di entrambi ormai morto, uno dei migliori giornalisti d’inchiesta degli ultimi vent’anni: l’inviato speciale di Repubblica e poi del Corriere Giuseppe «Peppe» D’Avanzo, stroncato da un infarto mentre pedalava in bicicletta nell’estate del 2011. I due servitori eccellenti dello Stato sono Ilda Boccassini, ex pubblico ministero, e Gianni De Gennaro, già capo della Dia, della polizia e dei servizi segreti.
Al centro del triangolo, le rivelazioni di un pentito di mafia, Salvatore Cancemi, che nel 1994 accusava Silvio Berlusconi di rapporti con la mafia.
Quelle rivelazioni, lo si è scoperto dopo, erano patacche, tanto che le indagini sul Cavaliere vennero archiviate senza neanche arrivare a processo.
Ma nel rovente ‘94 erano il cemento ideale per il castello d’accuse che dovevano eliminare Berlusconi dalla scena politica dove aveva fatto irruzione pochi mesi prima con la nascita di Forza Italia e che il 27 marzo lo avrebbero portato a vincere le elezioni e a conquistare Palazzo Chigi. Il 21 marzo, sei giorni prima del voto, uno scoop di Repubblica rendeva note le rivelazioni di Cancemi su Berlusconi; per il fronte anti-Cav doveva essere la pietra tombale sull’ascesa di Forza Italia e del suo fondatore.
Invece la settimana dopo Berlusconi vinse lo stesso le elezioni, e quell’articolo firmato da Giuseppe D’Avanzo finì nell’elenco non breve delle imprese giornalistico-giudiziarie che da sempre condizionano la vita politica del paese. La vicenda sarebbe restata nel dimenticatoio se non fosse accaduto l’imponderabile: la Boccassini che nel 2021, al momento di andare in pensione, scrive le sue memorie e rivela di essersi indignata per quello scoop che rischiava di rovinare sul nascere le indagini su Berlusconi. Tanto che anni dopo, diventata amica di D’Avanzo, chiede al giornalista di rivelarle la fonte. E D’Avanzo incredibilmente cede, facendo il nome di un uomo delle istituzioni. Fu lui, dice, a dargli la dritta su Cancemi.
Quella di Ilda é una accusa grave, perché incolpa D’Avanzo del peccato più grave che un giornalista possa commettere, ovvero rivelare l’identità di una fonte. Oltretutto al momento della presunta confidenza la Boccassini era ancora in servizio in magistratura, e avrebbe potuto incriminare la fonte. Ma D’Avanzo è morto prima dell’uscita del libro, e non può replicare all’accusa di Ilda. Nel libro, la Boccassini non riferisce il nome che D’Avanzo le avrebbe fatto. «Niente nomi - scrive - perché Peppe non c’è più e il suo interlocutore mi conosce bene». Un dettaglio che restringe la rosa delle possibili talpe, ma non a sufficienza.
Giallo senza risposta? Niente affatto. Il libro non passa inosservato tra i magistrati che a Firenze e a Caltanissetta scavano ancora sui misteri di mafia. Senza tanti riguardi convocano la Boccassini e le chiedono chi è «l’uomo delle istituzioni» di cui D’Avanzo le fece il nome, e quando lei rifiuta di rispondere la incriminano. Ilda pur di mantenere la parola data a D’Avanzo è pronta a farsi condannare? Non proprio. Perché quando i pm chiedono il suo rinvio a giudizio ci ripensa e «non avendo altre alternative» dichiara a verbale: Peppe mi disse che era stato De Gennaro.
Bum.
Ovviamente, quando lo convocano a sua volta, il prefetto De Gennaro nega. Se e come si scioglieranno i nodi è difficile dirlo, ma un dato è certo: i rapporti tra D’Avanzo e De Gennaro, come risulta direttamente a chi scrive, erano assai stretti; e altrettanto stretti, alcuni anni dopo, divennero quelli tra D’Avanzo e la Boccassini.
Che questi rapporti fossero tali da portare prima De Gennaro a rivelare un supersegreto a D’Avanzo, e poi D’Avanzo a fare una confidenza impensabile alla Boccassini, non lo si potrà probabilmente mai accertare. E di questa storia non si sarebbe mai saputo niente se la Boccassini non avesse deciso chissà perché di tirarla fuori. Ma alla fine è stato un bene.