«Non dite a mia madre che faccio il deputato, mi crede pianista in un bordello». La battuta è vecchia, ma racconta bene come ogni tanto devono sentirsi i cari onorevoli. Di questi tempi se associ i professionisti della politica a qualcosa o qualcuno rischi la querela. Qualche tempo fa capita di firmare con Paolo Bracalini un pezzo sulle spese di Palazzo. La Camera per manifestazioni culturali, spesso presentazioni di libri e qualche concerto, solo per la logistica ha messo in bilancio sei milioni di euro in tre anni. Due milioni ogni anno. Non vi sembrano troppi? E poi per fare cosa? Per fare quello che fanno le pro loco, solo che loro lo fanno con pochi spiccioli, se non gratis. Ecco l'idea per la sintesi: Pro Loco Montecitorio.
Il guaio è che si sono offesi. No, non gli onorevoli: le pro loco. Arrivano prima messaggi incavolati, infastiditi, orgogliosi da mezza Italia: noi facciamo tanto sul territorio e non sprechiamo nulla. Poi tocca a Claudio Nardocci telefonare. È il presidente dell'unione nazionale pro loco d'Italia. E ti spiega finalmente quello che faticavi a capire: molte pro loco si sono sentite offese. Ma perché? Il presidente chiarisce: «Perché il paragone danneggia la nostra immagine». Ma è il Parlamento. «Certo, ma visti i tempi gli iscritti associano a Montecitorio (e alla politica) sprechi e privilegi. Noi invece con pochi soldi e tanto volontariato facciamo un lavoro sociale e culturale importante. Per ogni euro speso il risultato è 10 volte di più». Cose come intervistare i vecchi, più di seicento video, e farsi raccontare tradizioni, dialetti, storie, leggende, ricette, ricordi. Un lavoro di un anno e mezzo realizzato grazie alla rete delle pro loco.
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