
È successo un po' alla volta, forse all'inizio di questo secolo. La cultura di sinistra ha cominciato a disprezzare l'automobile e non è affatto qualcosa di scontato. Non è sempre stato così. La vecchia 600, ancor più della sfiziosa 500, era il sogno della classe operaia, l'utilitaria che il metalmeccanico della Fiat può permettersi, quasi un modo per sfuggire all'alienazione raccontata da Marx: ti compri qualcosa che esce dalla catena di montaggio. Non era lusso. Non era una Lancia, non era un'Alfa Romeo o una Millecento da nuovi benestanti. Era il segno che si stava uscendo dalla miseria. Era un tozzo di benessere, un primo passo verso la modernizzazione di massa. Tutto questo magari non piaceva a Pasolini, ma l'automobile non era ancora il nemico. Non lo era di certo nelle opere del realismo socialista, che dalla Russia all'Albania, santificava la bellezza della macchina, il santuario del progresso. Quella sinistra era coerente con le promesse e la legge storica del marxismo, il futuro non è una minaccia ma la marcia inevitabile verso l'emancipazione dell'umanità dalla schiavitù del lavoro. La macchina per tutti era in qualche modo una promessa di felicità. Il capitalismo era cattivo ma l'automobile raccontava il viaggio, l'andare oltre frontiera, la libertà. Era alcova e rivoluzione, Maggiolino e Due cavalli. Poi, il cambio di passo. La sinistra ha scoperto la lentezza dei pochi, la fuga dai sogni delle masse, l'automobile come ambizione piccolo borghese, un lusso da ceto medio con un sogno egoistico di progresso. È qui che accade la rivoluzione culturale: il progresso è il male che minaccia la madreterra e l'automobile incarna l'apocalisse del popolo sciagurato e ignorante. È il nemico pubblico. È la bestia da cacciare dalle città. È il mezzo da tassare. L'unica auto accettabile è quella elettrica, ma il progetto vero è fermare la storia, fregarsene delle profezie di Marx, e cristallizzare la vita. La sinistra si fa reazionaria.
Le automobili tornano un bene che pochi possono permettersi, perché i prezzi sono per ricchi. Gli operai di quella che un tempo era la Fiat vengono liquidati con 30 mila euro di buonuscita. Tutti a casa e non c'è più nessuno che pianga per loro.