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"Pronti a far tornare le province". L'annuncio di Salvini

Il vicepresidente del Consiglio si dice "straconvinto" di reintrodurre l'elezione diretta dei responsabili di questi enti amministrativi da parte dei cittadini: "Servono per scuole e strade ed è una battaglia che spero di portare al successo"

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Matteo Salvini annuncia un ritorno imminente delle Province così come erano strutturate fino a dieci anni fa. "Io da segretario della Lega ne sono straconvinto", ha sostenuto subito dopo un incontro con alcuni sindaci toscani avvenuto a Forte dei Marmi. Il vicepresidente del Consiglio motiva la propria prospettiva politica illustrata dopo avere dialogato con alcuni primi cittadini del territorio: "Mi chiedono di reintrodurre le Province. Servono per scuole e strade ed è una battaglia che spero di portare al successo. Bisogna tornare all'elezione diretta, con le competenze, la scelta diretta dei cittadini e i soldi perché altrimenti strade provinciali e scuole superiori, che devono essere gestite dalle Province, senza soldi e senza personale non hanno manutenzione". Secondo Salvini, "se tornassero già nel 2024 sarebbe un segnale di efficienza".

Con la riforma approvata nell'aprile del 2014, è stata adottata una riformulazione delle Province trasformate in enti di secondo livello, per i quali non sono più quindi previste elezioni dirette. La legge Delrio prevedeva nelle regioni a statuto ordinario l'istituzione di dieci città metropolitane, identificando la loro delimitazione territoriale con quella della relativa provincia contestualmente soppressa. La medesima legge, inoltre, faceva coincidere automaticamente tra la carica di sindaco metropolitano e quella di sindaco del Comune capoluogo (eletto solo dai cittadini del comune suddetto e non dell'intera città metropolitana). Le Province erano state così sostituite da assemblee formate dai sindaci dei Comuni del territorio e da un presidente, oltre che un terzo organo - il Consiglio provinciale - formato dal presidente della provincia e da un gruppo di 10-16 membri (in base al numero degli abitanti della provincia) eletti tra gli amministratori dei comuni.

La riforma Delrio era stata pensata come una legge transitoria in attesa del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, promosso dal governo Renzi per chiedere tra le altre cose di eliminare la parola "province" dalla Costituzione: un passaggio formale e obbligato per il compimento della riforma, che però non si verificò per la vittoria dei "No". La mancata approvazione della proposta lasciò dunque in eredità una riorganizzazione istituzionale incompleta: era necessario perfezionare l'iter legislativo con una nuova riforma per definire meglio le competenze delle Province depotenziate. Invece rimase soltanto la legge Delrio che, insieme ai drastici tagli ai trasferimenti decisi dai successivi governi di sinistra, causò notevoli difficoltà nella gestione di settori importanti rimasti di competenza delle province: edilizia scolastica, l'ambiente, i trasporti, la manutenzione delle strade. Soprattutto creò una certa confusione su chi avesse responsabilità sulle varie tematiche.

Ora toccherà al governo Meloni sbrogliare questa matassa che si era creata nelle precedenti legislature.

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