Ma quanto è bello il Rosatellum bis! Questa esclamazione è diventata ormai il mantra di un centrosinistra che si sta aggrappando ai successi ottenuti dal campo largo alle ultime elezioni regionali nel Centro-Sud d'Italia (tra l'altro ampiamente prevedibili e scontati) per potere sperare a una vittoria alle Politiche del 2027 mantenendo in vigore l'attuale legge elettorale. Lo ha dichiarato in maniera chiara un autorevole esponente del Partito Democratico come Andrea Orlando: "Il centrodestra lo sappia: questo sistema di voto non si cambia".
Motivo? In base ai risultati registrati nelle consultazioni locali soprattutto in Campania e in Puglia (le cui dinamiche alle urne non possono minimamente essere messe sullo stesso piano per la scelta del prossimo Parlamento) e i sondaggi, i partiti di opposizioni sono tutti in brodo di giuggiole in quanto convinti che - con l'ammucchiatona totale in un'unica coalizione - possano beffare Giorgia Meloni e sottrarne seggi nei collegi uninominali. Peccato che, giusto fino a pochi anni fa, diversi rappresentanti del Pd volessero a tutti i costi modificare al più presto una legge elettorale voluta nel 2017 dagli stessi dem (non a caso il "Rosatellum" prende il nome da Ettore Rosato, ex renziano di ferro e ora calendiano). Andiamo con ordine.
Il 4 marzo 2018, nonostante in cuor suo il Partito Democratico sperava di potere danneggiare i "cattivoni populisti" con il nuovo sistema elettorale appena approvato, alle elezioni s'impongono proprio Movimento 5 Stelle e Lega, che infatti insieme daranno vita al governo Conte 1. Un anno dopo questo stesso esecutivo nazionale cade per forti divergenze interne tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini, ma Giuseppi rimane in sella a Palazzo Chigi grazie all'accordo tra i grillini e il nuovo Pd di Nicola Zingaretti. Quest'ultimo non aveva dubbi: "Io penso che la soglia al 5% sia il minimo indispensabile. Ricordo che veniamo da una legge pessima, che dovrebbe essere maggioritaria ma che non garantisce di conoscere la sera stessa il vincitore delle elezioni. Il Rosatellum è una delle peggiori leggi elettorali mai fatte".
E infatti nel nuovo programma di governo, i dem vogliono mettere nero su bianco un elemento: voteranno la riforma costituzionale riduzione del numero dei parlamentari, ma solo a patto che subito dopo venga al più presto la legge elettorale. Lo affermerà in maniera chiara, per primo, il senatore Dario Parrini (presidente della Commissione affari costituzionali) nel 2020, a pochi giorni dal referendum confermativo del 20 settembre: "L'accordo di maggioranza prevede anche la riforma della legge elettorale, un sistema proporzionale con lo sbarramento al cinque per cento, attraverso la semplice eliminazione dal sistema della componente uninominale. La Camera ha fissato l'esame in Aula della riforma elettorale a partire da lunedì 28 settembre".
Sempre a cavallo di quell'estate-autunno successivi alla prima ondata del Covid è Emanuele Fiano, co-relatore della proposta di un nuovo sisteme di elezione, ricorda: "Insieme ai 5 Stelle e Italia Viva abbiamo stipulato un accordo sul modello di legge elettorale e sul fatto che la sua approvazione fosse una priorità. Alla prossima conferenza dei capigruppo il nostro presidente Graziano Delrio chiederà nuovamente una cosa, che peraltro i nostri alleati avevano già accettato, e cioè la calendarizzazione rapida della legge elettorale".
Passa qualche mese e nel gennaio 2021 - pochissimo prima della fine dell'esperienza di Giuseppe Conte come presidente del Consiglio - l'allora ministro della Cultura Dario Franceschini rilancia il tema: "Con una nuova legge proporzionale con sbarramento al 5 per cento nascerà un nuovo bipolarismo più sano". Per l'ex segretario nazionale "un sistema come quello tedesco porterà di fatto a un nuovo bipolarismo in forme diverse, a partiti trainanti alleati con altre forze e farà finire le coalizioni forzate". Insomma, l'accordo sulla legge elettorale "rafforza il governo, visto che è condiviso pienamente dai gruppi che lo sostengono e accettato con riserva da Leu".
Non si trattava, quindi, di "una discussione che nasce improvvisata o pensando a elezioni vicine o lontane. Quando abbiamo votato la riduzione dei parlamentari abbiamo espressamente scritto che doveva essere accompagnata da una nuova legge elettorale, per evitare una situazione insostenibile. E questo testo della proposta incardinata alla Camera va esattamente in quella direzione", concluse Franceschini. E lo stesso Andrea Orlando non escludeva un "processo di cambiamento che può passare anche da una fase di sistema proporzionale, che ridefinisca due poli".
Non erano da meno neppure l'allora sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, che riteneva che fosse necessario un ritorno al proporzionale "così ogni partito fa la sua corsa senza dovere costruire alleanza prima delle elezioni", ed Enrico Letta, leader dem nell'ottobre 2021, quando sosteneva che bisognava pensare al più presto al cambiamento di una legge elettorale che dovrà "tornare a riportare il legame e la sintonia fra l'eletto e l'elettore, solo così l'eletto è in grado di avere una vera consapevolezza delle questioni e dei problemi. La sintonia col Paese nasce così".
Ecco, ora che questa "sintonia" sembrerebbe esserci (forse) esclusivamente al Sud, ecco che la tentazione di non cambiare le carte in tavola è fortissima. Parafrasando una vecchia pubblicità di un diamante, per il Pd ora un Rosatellum è per sempre.