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Il Pd perde ancora pezzi: Soru lascia e si candida da solo in Sardegna

Pochissimi giorni dopo l'ufficialità del nome della grillina Alessandra Todde come possibile governatrice del centrosinistra, l'ex presidente della regione sarda annuncia l'addio: "Imposta una candidatura scelta a Roma"

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Mentre Elly Schlein stava comiziando in piazza del Popolo contro il governo Meloni, uno storico esponente di spicco del Partito Democratico mette pesantemente i bastoni tra le ruote ai dem con due mosse simultanee: Renato Soru, infatti, annuncia contemporaneamente sia l'addio al movimento in cui ha militato per quasi vent'anni sia la sua personale (per quanto ancora non definita al 100%) ricandidatura concorrenziale a presidente della Regione Sardegna con una lista politica autonoma al centrosinistra. Lo fa davanti a 600 persone a Cagliari riunite per l'assemblea pubblica in cui ha lanciato la sua "Rivoluzione gentile" in vista delle elezioni regionali di inizio 2024. "Sono stato tra le 40 persone che hanno fondato il Pd, ho consegnato al partito un movimento che mi ha sostenuto, gli ho consegnato la passione, la competenza e la mia voglia di partecipazione politica - afferma al termine del suo intervento il patron di Tiscali -. Questo diritto alla partecipazione ora me lo riprendo e lo metto a disposizione di un nuovo soggetto politico".

Una netta presa di posizione dopo l'ufficializzazione di due giorni fa del nome della grillina Alessandra Todde come candidata governatrice sarda per Pd e Movimento Cinque Stelle. Soru parla di "un gruppo di sensibilità diverse, un nuovo soggetto politico che abbia bene in mente l'orizzonte, cioè quello di portare fuori la Sardegna dalla sacca stagnante in cui è finita: io son qui per dare una mano a tutti quelli che ne hanno voglia, sono qui per unire". Inutile dire che, dopo questa decisione, diventerà più complicato per il centrosinistra riuscire a scalzare Christian Solinas alla prossima imminente tornata elettorale che si terrà nella seconda isola più grande d'Italia. Eppure l'ex presidente della Regione Sardegna vuole mettere in chiaro un concetto: "A chi dice che uniti si vince e divisi si perde, dico che si perde se si hanno in mente gli equilibri del passato". Ecco perché Soru fa appello "al pezzo di centrosinistra che ha preferito chiudersi in via Emilia ed evitare il confronto, imponendo una candidatura scelta a Roma e ratificata in una finzione di dibattito - commenta Soru - . Sono disarmato davanti a tanta rigidità. Mi auguro che qualcuno rinsavisca e provi a riprendere il ragionamento. Siamo ancora qui, disponibili al dialogo".

Ormai si fa a fatica a tenere conto di tutti gli addii che si stanno consumando da quando la Schlein ha assunto la guida della segreteria del Partito Democratico (lo scorso marzo). Eppure, praticamente ogni due settimane di tempo, i dem diventano sempre meno nelle istituzioni politiche più importanti. Il percorso verso la scritta "Uscita dal Pd" risulta più che occupato che mai. In ordine sparso, bisogna fare i nomi dei parlamentari (o ex) Enrico Borghi, Carlo Cottarelli, Andrea Marcucci, Giuseppe Fioroni, Rosa Maria Di Giorgi, Caterina Chinnici, il sindaco di Foggia, Rinaldo Melucci, senza contare ben trentadue dirigenti e amministratori locali della Liguria. Renato Soru è quindi soltanto l'ultimo (per ora) di una lunghissima lista che è destinata ad allungarsi da qua ai prossimi mesi, soprattutto in coincidenza di importanti elezioni regionali (Abruzzo, Basilicata e Piemonte, oltre alla già citata Sardegna), comunali (Cagliari, Firenze, Bari, Perugia, Campobasso, Potenza Lecce, Bergamo, Modena, giusto per citare quelli tra i più importanti) e il fondamentale appuntamento per il rinnovo del Parlamento europeo. La scelta delle candidatura di alcune figure preferite ad altre inevitabilmente creerà altro malcontento e la "povera" Schlein sarà costretta a sentire il rumore della porta sbattuta violentemente dai suoi ex compagni.

Il partito che - come ha sottolineato la segretaria alla manifestazione di Roma - dovrebbe essere il perno del "campo largo" del centrosinistra, rischia seriamente di perdere anche l'unico ruolo politico che era riuscito a conquistarsi: quello di primo movimento numerico di opposizione.

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