Milano - Tra il drammatico e il grottesco: la paura di essere ammazzati, ma anche i rapitori gentili che rimboccano le coperte agli ostaggi. Sullo sfondo c’è il grande giallo economicogiudiziario del Lodo Mondadori, e l’ombra cupa di una estorsione ai danni dell’ex capo del governo. Ma in primo piano ci sono loro due, Anna e Giuseppe Spinelli, e la loro notte nelle mani degli ostaggi. Sono i racconti che due giorni dopo, gli anziani coniugi hanno fatto a Ilda Boccassini.
LE AVVISAGLIE
Anna: «Il 15 settembre, così come risulta dal filmato che ho sul mio cellulare, ripreso dalla videotelecamera di sorveglianza, si vede un uomo che è sul nostro pianerottolo, esce dall’ascensore ed è sceso ». Giuseppe: «All’ottavo piano è scesa una persona che ovviamente al momento non abbiamo visto ma successivamente, guardando le registrazioni della videocamera, abbiamo visto che usciva dall’ascensore, con la coda dell’occhio mi è sembrato che avesse notato la telecamera presente sul pianerottolo e immediatamente fosse sceso per le scale».
L’IRRUZIONE
Anna: «Verso le 21.45 ho sentito l’ascensore che si fermava al piano e dall’ascensore ho visto uscire mio marito. Ho aperto la porta e improvvisamente ho visto una persona che di corsa scendeva le scale che portano al vano ascensore del piano di sopra,mentre un’altra persona è sbucata dal secondo ingresso. Hanno afferrato mio marito, entrambi erano armati e con due passamontagna, e hanno spinto mio marito dentro casa. A mio marito si sono rotti anche gli occhiali (...) in quel momento ho pensato che ci avrebbero ammazzato. Subito però i due ci hanno detto di stare tranquilli, che non ci avrebbero fatto niente e ci hanno anche detto di stare seduti sul divano, e noi così abbiamo fatto. Ci hanno detto che doveva venire un’altra impersona importante che ci avrebbe detto cosa fare (...) Entrambi parlavano italiano, uno dei due a un certo punto mi ha detto “Stia tranquilla signora, anch’io ho una mamma”». «Poi uno dei due ha pronunciato più o meno la seguente frase: “È un mondo di merda e queste cose non andrebbero fatte”». «A un certo punto ho tirato fuori un rosario che avevo a portata di mano e io e mio marito abbiamo cominciato a pregare. Uno dei due aggressori, quello più gentile, mi ha detto “Anch’io sono credente”».
SCARPETTE ROSSE
Anna: «Verso le due è arrivato il terzo aggressore, con scarpe da ginnastica rosse, tipo Superga, con stringhe nere, ho avuto la netta sensazione che fosse il capo ». Il capo è Francesco Leone, l’ex pentito. Anna: «Ci è stato detto di andare a riposare e noi così abbiamo fatto, andando in camera nostra (..) Mentre eravamo a letto, quel ragazzo che identifico come la persona più gentile addirittura ha coperto me e mio marito con una coperta (...) ». Al mattino i banditi portano il caffè e poi, racconta la signora, «Ho sentito che bisognava telefonare al presidente Berlusconi. “Se telefono a quest’ora manco me lo passano”, ha detto mio marito. Poi però hanno chiamato e i tre, verso le nove, scusandosi, se ne sono andati. Ci hanno detto di non uscire dalla camera da letto prima di cinque minuti, ho fatto un grande pianto. Mio marito mi ha consolato e poi è uscito, credo per andare ad Arcore».
IL PAPELLO
Giuseppe descrive così il foglio mostrato dai rapitori: «Un foglio A4, un po’ ingiallito e sgualcito, si vedeva che era stato piegato, e su questo foglio c’era scritto quanto segue, almeno per quanto ricordo: in alto Lodo Mondadori, De Benedetti, l’indicazionedi due avvocati di cui una donna, i nominativi dei magistrati di primo grado, il dottor Forno, questo nome lo ricordo bene, secondo grado c’era il nome di un presidente e di un giudice a latere, ma non ricordo i nomi dei magistrati indicati, una cena di Fini con magistrati e i nominativi per quello che ricordo erano gli stessi indicati nel primo e secondo grado».
«FINI PARLÒ CON I GIUDICI»
Giuseppe: «Il bandito mi ha detto che Fini avrebbe parlato con i magistrati, pregandoli di aiutarlo a mettere in difficoltà Berlusconi e che per questo gli sarebbe stato grato per tutta la vita. Voglio anticipare che quando ho raccontato questo fatto della cena all’avvocato Ghedini a Longo tutti e due si sono messi a ridere, precisando entrambi che non era nello stile di Fini, e tutti e due propendevano per un falso ». «C’erano sette ore e 41 minuti di registrazioni di cose che avrebbero danneggiato-De Benedetti sempre in relazione al Lodo Mondadori, nella chiavetta e nel Dvd mostrati da uno dei malviventi. Ma, messi nei computer di casa, i supporti informatici non funzionarono ».
INTERVIENE GHEDINI
Di buon mattino, Spinelli chiama Berlusconi e poi parla con Ghedini. «Io dissi anche a Ghedini, insistendo, che forse si poteva pagare qualche cosa subito a queste persone e Ghedini mi rispose che se la vicenda era quella che si era prospettata tutto si sarebbe svolto alla luce del sole, stipulando un acquisto di questo materiale avverso un corrispettivo da concordare, ovviamente tutto ciò dopo aver verificato l’autenticità dei filmati (...). Ovviamente tutte le conversazioni erano sentite dai sequestratori, che presero male l’affermazione di Ghedini, io per tenerli buoni dissi che anche loro potevano essere stati vittime di un raggiro. Loro dissero che il filmato era autentico ».
SOLUZIONE SEI PER CENTO
«Dissi a Berlusconi che i 35 milioni richiesti erano il 6% di 560 milioni di euro», racconta Spinelli: 560 milioni è l’importo del risarcimento pagato dal Cavaliere a De Benedetti per il Lodo Mondadori. «Dissi a Berlusconi che il filmato con Fini e i magistrati era autentico e che queste persone erano disposte a cederlo in cambio di una grossa somma di denaro ». Così Spinelli racconta l’incontro con l’ex premier, dopo che gli venne concesso di uscire di casa. «Dopo che ho raccontato i fatti a Berlusconi costui mi ha detto che dovevo necessariamente dormire altrove. Quindi quando sono tornato a casa l’ho riferito a mia moglie, lei ha cominciato a fare le valigie e in quel frangente, verso le 15, è arrivata sull’utenza fissa di casa una telefonata, sicuramente non era uno dei tre sequestratori. Questa persona mi ha subito chiamato Giuseppe e mi ha chiesto cosa si fosse deciso riguardo alla proposta che avevano fatto. Io ho risposto che in quei termini non era accettabile, che avevo cercato di convincere Berlusconi che voleva però vedere i filmati e fare una cosa trasparente. Lui ha interrotto la telefonata con aria un po’ brusca. Era un italiano sicuro, senza inflessioni dialettali e sembrava una persona che parlava in modo scorrevole, fluido».
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