Elezioni Regionali 2023

La rivincita di Fontana: bis in Lombardia dopo anni di linciaggio

Non sono bastate alla sinistra le accuse e le falsità, in piena emergenza Covid, contro il governatore per detronizzarlo: l'ex sindaco di Varese spazza via avversari ed ex alleati

La rivincita di Fontana: bis in Lombardia dopo anni di linciaggio

Attilio Fontana si prende una rivincita enorme. Non solo viene riconfermato presidente della Regione Lombardia – e con percentuali anche superiori rispetto al primo trionfo da governatore nel 2018 (dal 49% al 55%) –, ma lo fa nonostante negli ultimi 36 mesi abbia dovuto subire diversi pesanti attacchi: da avversari politici ma anche da coloro che avrebbero dovuto sostenerlo all'interno della Giunta. Gli stessi che, alle urne, hanno raccolto un misero 10% scarso come candidato governatore (o candidata governatrice che dir si voglia). "Grazie ai lombardi che ci hanno riconosciuto il lavoro che abbiamo fatto, la concretezza di questi anni, che non hanno guardato alle polemiche ma ai fatti veri", è la reazione a caldo di Fontana in un video in compagnia con il leader della Lega, Matteo Salvini. L'ex sindaco di Varese ha voluto poi prendersi un impegno ben preciso: "Da questa legislatura da mia parte mia ci sarà attenzione a perchè questo si verifica e a coinvolgere di più i cittadini nelle scelte da fare".

Una rivincita che, quasi non a caso, arriva a pochissimi giorni dal terzo anniversario di quella data che purtroppo per la Lombardia (e non solo) si rivelerà l'inizio di un vero incubo sanitario. La sera del 20 febbraio 2020, infatti, un manager 38enne amante dello sport di nome Mattia Maestri, che si è presentato nel Pronto Soccorso di Codogno 48 ore prima perché era da quattro giorni che aveva la solita influenza e dispnea, diventa ufficialmente la prima persona italiana positiva al Covid nel nostro Paese. Il giorno successivo dieci comuni del Basso Lodigiano vengono messi in quarantena: 50 mila abitanti sono in isolamento domiciliare. Un'ordinanza regionale limita tutte le manifestazioni che creano aggregazione, come le messe, il carnevale e gli eventi sportivi. Vengono chiuse le scuole, le attività commerciali e i negozi tranne i servizi di pubblica utilità, come le farmacie e gli alimentari. Non passa nemmeno una settimana da quello che gli esperti definiranno il caso uno del Coronavirus che il presidente Fontana viene linciato e demonizzato dalle opposizioni per avere indossato una mascherina a seguito della positività di una sua stretta collaboratrice.

Gli attacchi per una mascherina

Apriti cielo. Quel messaggio che voleva essere trasparente e - per quanto possibile - anche rassicurante, venne completamente distorto dai medesimi che non volevano fermare le città, delegittimato da esperti tanto confusi quanto assertivi, deriso da opinionisti e influencer. La sinistra si divertiva a fare battute sulle precauzioni, sui timori, sulla "paura degli involtini primavera", ma quegli esponenti sarebbero poi diventati i fustigatori massimi degli italiani accusati di non avere abbastanza paura e ipercritici contro la gestione regionale della pandemia. Uno sciagurato volantino del Pd che recitava "Trova le differenze" – ancora oggi visibile in rete – raffigurava da un lato Fontana con la mascherina e dall'altro il sindaco Giuseppe Sala illuminato da un sorriso sornione e ottimista, nonché dal motto "Milano non si ferma", con tanto di hastag.

Nel frattempo i sindaci dem mettevano a punto iniziative per aprire i musei "contro la paura", o per promuovere le visite in città o per "abbracciare i cinesi". E l'allora segretario Nicola Zingaretti – che, per un incredibile gioco del destino, vede sempre proprio oggi terminare i suoi dieci anni alla guida Regione Lazio con una scoppola elettorale clamorosa – sbarcava sui Navigli per l'aperitivo. "Il virus è il razzismo", urlava un partito intero. Senza rendersi però minimamente conto che la Regione Lombardia stava per pagare un prezzo altissimo a livello di ricoverati in terapia intensiva e di morti e che era necessario un'immediata chiusura drastica del territorio, come era accaduto proprio a Codogno e dintorni una settimana prima.

La verità che è arrivata a galla

Ma, come spesso accade, il tempo è galantuomo. Al termine di questo triennio, caratterizzato a livello sanitario da molteplici e inevitabili difficoltà iniziali ma almeno altrettanti riscatti finali, si è constatato come nel tardo inverno 2020 avesse ragione Attilio Fontana. Nella complicatissima battaglia in trincea contro il virus giorno dopo giorno, quella Lombardia – messa in ginocchio da una catastrofe eccezionale – già nella seconda ondata fu quella che reagì meglio, avendo l'impatto minore di tutti da parte del Covid sulla mortalità rispetto al marzo 2020. Col tempo si rivelò l'ente territoriale che aveva ultimato più vaccini già nella seconda parte del 2021, malgrado abbia la maggiore densità di abitanti dell'Italia. Non solo: ma Fontana si è visto anche dare ragione a livello giudiziario dopo il suo proscioglimento dall'accusa di frode in pubbliche forniture – sul "caso camici" – perché "il fatto non sussiste".

Infine il governatore lombardo ha asfaltato alle urne la concorrenza, compresa quella di Letizia Moratti che voleva fargli le scarpe alla guida di Palazzo Lombardia dopo due anni di assessore alla Sanità al suo fianco. Per non parlare della sinistra, ancora una volta sotterrata alla prova del voto nonostante il tentativo disperato di allearsi con il Movimento 5 Stelle: in una Regione dove non ha mai toccato palla da quando il presidente viene eletto direttamente dai cittadini.

Quei giudizi affrettati, ideologici, superficiali contro Fontana si sono rivelati un ennesimo boomerang contro il Partito Democratico: altro non erano che gigantesche cantonate firmate da chi non avevano capito niente di quello che stava succedendo e pretendeva pure di impartire inutili lezioni di vita.

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